VEDETE CIÒ CHE VEDO IO?

Uno dei temi comuni nelle mie sedute con il dottor E. e la dottoressa O. è il loro bisogno (non il mio, notate bene) di rendermi consapevole di ciò che sono. Naturalmente io so cosa sono. Ho sempre saputo di essere diverso, speciale, superiore e prescelto. Mi è stato anche detto, in realtà mi è stato inculcato, ma ne parlerò un’altra volta. Come sempre, ho dato loro l’impressione di collaborare, quindi ho seguito le loro domande. Dopotutto, stanno facendo domande su di me, quindi vale almeno la pena considerarle. Inizialmente riguardavano come consideravo me stesso. Mi piaceva questa parte e avrei potuto andare avanti per un po‘ di tempo. Mi riferirono che mi considero più intelligente della maggior parte delle persone, che sono più divertente, più simpatico e che ho più successo. Sono anche fisicamente più attraente della maggior parte delle persone. Fin qui tutto ovvio. Poi stabilirono anche che sono ossessionato dal potere (chi non lo è se ha una spinta e un’ambizione – non si diventa presidente stando lì seduti, giusto?). Sono anche impulsivo. Sono d’accordo. Sono arrogante (la chiamo fiducia in me stesso, ma cos’è in una parola?) E mi piace esagerare il mio successo e le mie capacità. Spiegai che enfatizzo il mio successo e le mie capacità che possono sembrare esagerate (semplicemente perché molte persone non si avvicinano mai così tanto a questo grado di successo), ma spiegando che per alcune persone è necessario convincere la gente a fare ciò che voglio io.

Le cose dopo si fecero interessanti. Il perfido duo aveva fatto domande su come le altre persone mi percepivano. Rimasi affascinato quando mi dissero che le percezioni di me dell’intervistato erano accurate rispetto a ciò che pensavo di me stesso. Che ne dici di farlo bene? Ero piuttosto contento. La dottoressa O. chiese:

«Alcuni di questi tratti potrebbero essere visti sotto una luce negativa. È così che ti vedono le altre persone. Non ti preoccupa il fatto che ti considerino in modo negativo?».

Scossi la testa.

«Tu le etichetti come negative. Io considero questi tratti come punti di forza ed è chiaro che le altre persone mi identificano chiaramente con questi ultimi».

Alzò le sopracciglia (sistemate da poco, notai) e osservò:

«E se ti dicessi che queste persone considerano questi tratti negativi?»

«Se è così allora sono gelosi. O suppongo che siano così stupidi da non riconoscere quanto è brillante ciò che faccio», spiegai.

«Okay, ma se ti dicessi che queste persone sono intelligenti e hanno risposto onestamente e con coerenza?», insisté lei.

Pensai di fornire una risposta a questo, una spiegazione dettagliata di come l’intelligenza non equivalga a una capacità di comprendere, che l’onestà è spesso sbagliata e la coerenza è una questione di prospettiva. Considerai di fornire alla dottoressa O. una risposta così forense, ma mentre la mia mente accelerata formava i pensieri e cercava di dar loro vita articolandoli, mi fermai. No. Non avrei dato loro le informazioni così presto, farlo avrebbe significato offrire loro troppo e troppo presto, e negarmi il divertimento dei bravi dottori che lo scoprono mettendosi d’impegno. Mettiamoli alla prova. Facciamo in modo che si guadagnino la loro parcella esagerata. Avanti, brava dottoressa, dovrà fare molto meglio di così. No, avrei negato loro la risposta dettagliata e offerto al suo posto qualcosa che avranno senza dubbio incontrato molte volte e che sarebbe stata loro familiare.

Scrollai le spalle.

Vidi il leggero guizzo di sorpresa della dottoressa O per la mancanza della risposta prevista. Si aspettava un fiume di parole e io gliel’avevo negato. Delizioso. Quel momento, per quanto breve, della sua attesa di ricevere informazioni che le avevo appena negato, provocando sorpresa e un pizzico di fastidio, è stato molto breve ma ne è valsa la pena. Una spruzzata di carburante negativo. Che meraviglia. La dottoressa O andò avanti, liberamente. Bene. Non mi piace quando si arrendono troppo facilmente, voglio la gara, voglio che mi divertano. Mi annoio facilmente e quindi un po‘ di coraggio, un po’ di lotta, un po‘ di grinta, un po’ di carica, un po’ di petulanza, un po‘ di resistenza sono sempre desiderate. Dopotutto, la conquista è ancora più da assaporare quando i vinti (e sono sempre vinti) cercano di resistere e contrattaccare. I patetici tentativi di impedire l’inevitabile mi divertono.

«Non ti piacerebbe che ti apprezzassero per qualità come l’onestà e l’affidabilità?», mi chiese.

Partì la mia risata di disprezzo ma la interruppi. Era stata un’osservazione stupida, ma non voglio che si senta stupida troppo presto, altrimenti avrebbe potuto arrendersi. No, non l’avrei schiacciata così in fretta, infatti, volevo averla in pugno per un po’ di tempo, volevo che diventasse un gioco per me e non lo sarebbe diventato se si fosse sentita messa in ridicolo. Avrei diretto il mio disprezzo verso coloro che facevano le osservazioni piuttosto che verso lei.

«Non mi interessa piacere o meno, voglio che mi ammirino per quello che sono».

In realtà preferisco che mi temano, anche se l’ammirazione non è da scartare, ma possiamo arrivare alla paura a tempo debito. C’è molto da offrire prima di lasciarli addentrare nel labirinto.

Io so precisamente chi sono. Chiunque cerca di dirvi che sono inconsapevole è un idiota. Io so perfettamente cosa sono, cosa faccio e cosa ottengo.

La sola differenza è che alcune persone considerano ciò che io sono qualcosa di negativo. Ma io so che si sbagliano. Ciò che io sono è una cosa buona. Il mondo ha bisogno di gente come me. È ora che cominci a rendersene conto.

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Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR