UNO SGUARDO NELLA MENTE DEL NARCISISTA SUPERIORE – RIFLESSIONI

Una volta ero impegnato in una discussione con il dottor E. È stato qualche anno fa, ma mi accingo a condividerlo con voi in quanto ciò vi fornirà alcune informazioni sulla mia mente, la mente del Narcisista Superiore. Risponderà anche a varie domande che potresti avere e che potranno essere applicate, con adattamenti adeguati, alle menti del Medio-Rango e con ulteriori adattamenti, alle menti dei Narcisisti Inferiori.

Come parte della discussione con il dr. E, eravamo capitati sul tema del rilassamento e del riposo.

“Quando diresti che ti rilassi?”, mi chiese mentre si aggiustava gli occhiali.

“Non lo faccio”.

“Non ti rilassi”. Il dottor E disse questo più come una dichiarazione che come una domanda.

“Giusto. Come posso rilassarmi quando c’è così tanto da fare, così tanto che deve essermi fatto e possiedo una mente come la mia?”

“Dimmi, com’è la tua mente?”, chiese.

“Come pensi che sia?” Risposi. Mi piace sempre provare a portare il Dr E a imporre il suo punto di vista per tenere testa nella fase iniziale. In quel modo io sono in una posizione migliore per manipolare la conversazione.

“Se lo sapessi non ci sarebbe bisogno di tutte queste sessioni dal momento che cerco di capire la tua mente”, rispose lui.

“Ma pensavo che tu mi avessi detto di sapere tutto sulla mia specie e me?” risposi io.

“So della condizione che si suppone sia applicabile al modo in cui ti comporti, ma sarebbe arrogante da parte mia presumere di conoscere il modo in cui funzina la tua mente. Questo fa parte del lavoro che io devo fare con te, conoscere la tua mente e permettere anche a te di conoscere la tua mente”.

“Oh, la mia mente, dottore, non turbare i tuoi pensieri con quello”, sorrisi.

“Mi fa piacere sentirlo. Allora me ne parli?”

“Bene, da dove inizio? È formidabile, magnifica ed efficace”.

“Beh, torniamo a ciò che è stato detto nella prima parte di questa conversazione, va bene? Mi hai spiegato che la tua mente non ti permette di rilassarti”.

“In realtà ho detto ‘come posso rilassarmi quando ho una mente come la mia'”.

“Certo, per favore, spiegamelo in modo più dettagliato”.

“La mia mente è come un motore. È come un supercomputer. Dal momento in cui l’accendo fino al momento in cui la disinserisco quando vado a dormire, ronzio, formulazione e calcolo.”

“Quindi impegni la tua mente, l’accendi?”, chiese il dott. E.

“Assolutamente. Si spara nella vita appena mi sveglio e da quel momento in poi di continuo lavora, trama, progetta e manipola. Assorbe informazioni, rievoca informazioni, ricerca opportunità, elabora, confronta, esamina, valuta, ricorda, dichiara guerra e difende”.

“Capisco. Hai detto che la disinserisci quando vai a dormire. Dimmi di più”.

“È semplicissimo. Appoggio la testa sul cuscino e decido che è ora che si spenga. È come staccare la spina. Appena l’ho fatto, la mia mente si svuota e sono subito addormentato”.

“Non stai sveglio a ripensare a cosa è successo durante il giorno o cosa hai fatto o cosa potrebbe essere necessario fare il giorno dopo?”, chiese il dott. E.

“No. Ho già fatto tutto questo. Non ha molto senso contemplare ciò che è già successo. Non può essere cambiato nè modificato. Ha già raggiunto il suo scopo. Non c’è nulla da guadagnare nel ritornarci sopra”.

“Ma non ti piace sederti a ripensare ai tuoi ricordi?”

“A volte, ma lo faccio solo quando so che posso usarli in qualche modo. Per esempio, riesumerò i ricordi per raccontare una storia a qualcuno allo scopo di spiegare qualcosa. Potrei riprendere certi ricordi ai fini della valutazione, allo scopo di usarli per affrontare qualcosa nel presente. Devono sempre avere un uso, uno scopo, un senso. In quelle situazioni hanno uno scopo per me. Altrimenti un ricordo è solo una cosa passata e inutile”.

Il dottor E rimase in silenzio mentre scarabocchiava nel suo taccuino nero e rosso.

“Scegli intenzionalmente questi ricordi?” Chiese. Io annuii. Sapevo cosa sarebbe successo dopo. Ero preparato.

“E scegli quei ricordi perché hanno uno scopo per te?”

“Sì”.

“Non ti piace ripensare agli eventi e ricordare?”

“No. È una perdita di tempo. È andare a rivedere qualcosa che è successo. Questo si è già sperimentato e ciò che ne è derivato ne è già stato derivato. È inutile continuare a tornare su qualcosa quando si sa già di cosa si tratta”.

Il dottor E continuò a scrivere.

“Alcuni ricordi affiorano senza che tu li scelga?”, chiese. Io annuii di nuovo.

“Cosa ne pensi di quei ricordi?”, insistette.

“Non ci penso”.

“Non ci pensi? Non li accetti?”, chiese.

“Non ci penso”.

“E se sono persistenti, alcuni pensieri lo sono. Appaiono in modo intrusivo e rimangono. Succede con alcuni dei tuoi pensieri, forse con i ricordi? Come gestisci quei ricordi indesiderati, in particolare quelli persistenti?”

“Allo stesso modo in cui affronto le tue domande indesiderate e persistenti, rinnego la loro esistenza. Vai avanti”.

Il dottor E alzò gli occhi e incontrò il mio sguardo. La sua bocca si aprì leggermente mentre un’altra domanda si formava sulle sue labbra. Fortunatamente per lui interpretò correttamente lo sguardo nei miei occhi e la domanda trovò la morte così rapidamente come era nata e lui distolse lo sguardo.

Vi fu una pausa mentre scriveva qualcosa.

Il bastardo si era deliberatamente fermato per far sì che qualcosa riempisse il vuoto che aveva creato. Io devo sempre colmare il vuoto. Noi tutti lo facciamo. In quell’istante la gelida scena di quella giornata gelida esplose nella mia mente.

“Sei un fottuto bastardo” pensai mentre continuavo a guardare il dottor E che stava continuando a scrivere. Lo ha fatto apposta. Chi pensava di essere, a cercare di giocare con il Maestro dei Giochi? Coglione impertinente. Sentii la frase pungente innalzarsi dentro di me, bruciante e acida, e io ero pronto a lasciare che uscisse a fontana e schizzasse contro di lui, ma mi fermai. No, non qui. Non adesso. Troppo presto. La prenderà un’altra persona invece, porterà il peso degli insensati tentativi del dottor E di migliorarmi. La prima persona che incontrerò all’uscita da questo luogo riceverà ciò che il Dr E dovrebbe ricevere.

La furia crescente aveva almeno distrutto l’immagine. Era andato. Ero al sicuro.

Il dottor E tornò di nuovo in vita.

“Cosa mi dici del fatto di sentirti preoccupato per ciò che potrebbe essere necessario fare o provare rimpianto per qualcosa che è successo? Queste sono le tipiche cose che possono impedire a una persona di addormentarsi dal momento che la sua mente si concentra e analizza queste cose”.

“No. È inutile e una perdita di tempo. Non mi preoccupo per le cose. Vado avanti e le controllo. Non ho nulla da rimpiangere. Ogni decisione che ho preso era quella giusta in quel momento”, spiego.

“Ma cosa succede se non è quella giusta col senno di poi?”

“Non guardo indietro a ciò che ho fatto e non do alcun giudizio in merito. Non serve a niente”.

“Capisco. Quindi la tua mente è priva di qualsiasi cosa quando vai a dormire?”

“Esatto. La macchina è stata spenta perciò vado subito a dormire e dormo sempre bene”.

“Sogni?”, chiese il dott. E.

“Potresti essere più specifico? Sogno o faccio sogni quando dormo?”

“Parlami di entrambe le cose”, suggerì il dott. E.

“Io non sogno io faccio. Sognare è per il romantico e per i fantasisti, io creo e faccio”.

“Molto bene e che dire dei sogni quando dormi?”

“Non ne faccio mai”.

“Potresti farli ma non riesci a ricordarli?”, suggerì il dott. E.

Scrollai le spalle.

“Non sogno mai”.

“Va bene. Quindi tra veglia e sonno la tua mente corre sempre giusto? Dimmi, che cosa la fa correre?”

“Carburante. Da dove arriverà il mio carburante, chi lo fornirà, quanto, come posso ottenerne di più, ce ne sarà abbastanza, chi altro ho bisogno che mi fornisca carburante, quale sarà il modo migliore per ottenere carburante da questa persona o situazione, a chi posso fare affidamento per una fornitura quasi costante di carburante, perché il carburante è calato, perché questo carburante si è fermato, perché non posso ottenere il carburante, come posso aumentare il carburante?”

“Pensi a qualcos’altro? Ad esempio, come la visione di alcune colline potrebbe essere bella o come non vedi l’ora di andare a una partita di calcio con un amico?”, chiese il dott. E.

“Penserò a quanto è bella la visione di dirlo a qualcuno più tardi per renderlo gelosi perché io l’ho vista e lui no così reagisce e mi fornisce carburante. Attendo con impazienza la partita di calcio per trascorrere del tempo con qualcuno che mi fornirà carburante e che mi consentirà di studiare come si comporta a questa partita in modo da poter raccogliere più carburante”.

“Quindi la tua mente è concentrata sul carburante tutto il tempo?”, chiese il dottor E.

“Sì”.

“Lo trovi stressante?”

“A volte, ma una volta che raccolgo il carburante, mi sento potente e questo dissipa la mia sfinitezza”.

“E se non riesci a ottenere il carburante, suppongo che la sfinitezza diventi maggiore?”, suggerì il dottore.

“Non può mai esserci un periodo in cui non posso ottenere carburante. Ecco perché la mia mente lavora così duramente e corre sempre”.

Il dottor E annuì e prese più appunti che poteva. Io pensavo a come il mio ultimo messaggio a Kim l’avrebbe sconvolta e sentii un’ondata di potere mentre cominciavo a considerare a dove portare Samantha questa sera per sfoggiarla in un luogo adeguatamente impressionante e poi ricordai che avevo bisogno di inviare qualche altra e-mail per continuare la mia campagna contro Andrea e ci sarebbe stata un’opportunità domani al lavoro per mettermi in mostra con la presentazione che stavo facendo e sapevo che avevo necessità di fare un paio di telefonate spiacevoli a un collega per tenerla sulle spine e a bocca aperta per il mio potere.

“Sì, corre sempre”, aggiunsi mentre il dott. E continuava con la sua scrittura.

“Corre e vince quella gara”, conclusi e sentii la familiare agitazione poiché era ora di lasciare il suo studio e continuare con la gara.

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR