PSICOPATICO: LUTTO

Vedere qualcuno che è in preda al lutto è sempre stata per me un’esperienza sconcertante. Non è mai stato facile sondare la profondità del dolore che consuma le persone quando perdono una persona a loro cara. Eppure, la capacità umana di espressione emotiva continua a stupirmi.

In questo caso particolare, mi ritrovo ai margini di una scena straziante. Una persona divorata dall’angoscia, con il volto stravolto dal dolore, gli occhi gonfi di lacrime, è immersa in un mare di dolore. Ha subito una perdita profonda e il suo dolore si irradia attraverso ogni fibra del suo essere. È una dimostrazione di vulnerabilità, un’espressione di dolore cruda e non filtrata che trascende qualsiasi parola che possa essere pronunciata.

Dal mio punto di vista distaccato, osservo le lacrime scendere lungo le sue guance, ogni goccia testimonia il peso del suo dolore. Osservo il suo corpo tremare, come se le fondamenta stesse della sua esistenza fossero state scosse. I suoi singhiozzi risuonano nella stanza, un’inquietante melodia di disperazione che riempie il vuoto con una presenza travolgente.

Eppure, mentre guardo questo spettacolo, mi ritrovo incapace di cogliere appieno la grandezza del suo dolore. L’empatia mi sfugge, poiché la mia psicopatia agisce come uno scudo impenetrabile contro il tumulto emotivo che l’avvolge. Le lacrime che rigano il suo volto mi sembrano estranee, un enigma che fatico a decifrare. Sono un estraneo che scruta un mondo di profonda perdita e la mia incapacità di connettermi con il suo dolore mi fa sembrare un intruso, ma so che è fondamentale per la mia comprensione della mia preda assicurarmi di osservare le sue risposte.

Nonostante questa disconnessione emotiva, non posso fare a meno di riconoscere il significato del suo dolore. Per ogni lacrima versata c’è una moltitudine di ricordi, un arazzo di esperienze condivise e un vuoto insostituibile lasciato dai defunti. Mi ricorda la fragilità della vita, la natura effimera dell’esistenza e l’impatto indelebile che una persona può avere su un’altra. Rafforza la necessità della mia esistenza.

Sebbene la mia psicopatia limiti la mia capacità di offrire conforto o consolazione, riconosco il potere della presenza. Nel mio silenzio, sono testimone del suo dolore, e riconosco la profondità della sua perdita. Capisco che a volte il più grande supporto che si può fornire sia semplicemente essere lì, un’ancora nella tempesta delle proprie emozioni. L’ho imparato dagli altri.

Anche se magari non comprendo le sfumature del dolore, ne accetto l’esistenza come un aspetto fondamentale dell’esperienza umana. La perdita e il lutto si intrecciano nell’intricato arazzo della vita, ed è attraverso questi momenti di disperazione che scopriamo la resilienza dello spirito umano o la debolezza della maggior parte degli esseri umani. Mentre continuo a osservare, rimango consapevole del potere di trasformazione del dolore e del potenziale di guarigione che molti vedono in esso.

Il dolore evidenzia il vasto spettro delle emozioni umane e la profondità della nostra capacità di amare e piangere. Sebbene il mio distacco mi impedisca di connettermi pienamente con il dolore di quella persona, non ne diminuisce il significato né la mia comprensione dell’impatto che ha su di essa e di come, se dovessi scegliere, potrei usare quella comprensione contro l’individuo colpito dal dolore o utilizzare la sua esperienza altrove.

Mentre continuo ad osservare, un senso di curiosità comincia a farsi sentire dentro di me. Mi ritrovo a contemplare la natura del distacco emotivo e le sue implicazioni di fronte a un dolore così intenso. Il mio distacco è uno scudo che mi protegge dal peso opprimente del dolore o è una barriera che mi impedisce di comprendere veramente la profondità delle emozioni umane? Non è nemmeno quello, perché io non provo dolore, è un ostacolo, una debolezza, è assente in me.

In questo momento di riflessione, mi rendo conto che il distacco emotivo non mi rende immune all’impatto della perdita; piuttosto, svela la complessità delle emozioni umane e la vasta gamma di risposte che suscita. Anche se potrei non provare la stessa profondità di dolore della persona davanti a me, sono testimone della complessità del suo dolore e delle relative sfumature. Mi fornisce così tanto senza nessuno degli svantaggi sperimentati nel sentirlo.

Mentre approfondisco questa comprensione, metto in dubbio le origini del mio distacco emotivo. È un meccanismo di difesa forgiato attraverso le esperienze personali o è un aspetto intrinseco del mio temperamento? Forse è una combinazione di entrambi. Sono arrivato a capire che il distacco emotivo equivale a una mancanza di empatia o compassione. È una lente unica attraverso la quale io navigo nel mondo e che mi permette di offrire una prospettiva diversa, che può essere distaccata ma non priva di comprensione.

In questo momento riconosco l’importanza di abbracciare la diversità nelle risposte emotive. Le nostre esperienze individuali modellano le nostre reazioni alla perdita e non esiste un modo “giusto” per elaborare il lutto. Alcuni potrebbero trovare conforto nelle lacrime e nelle liberazioni catartiche, mentre altri possono cercare conforto nel silenzio e nella contemplazione. Entrambi gli approcci sono validi, anche se nessuno dei due è valido per me.

Mentre le lacrime continuano a scorrere, divento profondamente consapevole del potere di trasformazione del dolore. È attraverso il processo del lutto che affronti la tua mortalità, rivaluti le tue priorità e trovi forza di fronte alle avversità. La perdita diventa un agente di cambiamento, spingendoti avanti verso un percorso di scoperta di sé e di crescita.

In questo frangente, mi rendo conto che il mio ruolo di osservatore emotivamente distaccato non è quello di imporre la mia struttura emotiva agli altri, ma piuttosto semplicemente di osservare e utilizzare il loro viaggio individuale. Posso offrire supporto riconoscendo il loro dolore, fornendo uno spazio libero dal giudizio e tendendo una mano se lo ritengo vantaggioso per me. So come farlo, ho visto altri farlo ed è facile da copiare.

Anche se potrei non comprendere mai appieno la profondità del loro dolore, posso comunque usare ciò a cui ho assistito. Le opportunità sono numerose. L’individuo è indebolito e vulnerabile e lo sfruttamento può rivelarsi vantaggioso. D’altra parte, potrei vedere valore nel creare una parvenza di sicurezza e posso offrire una prospettiva unica che favorisce l’introspezione e incoraggia la persona in lutto a affrontare il proprio dolore in un modo che sembri autentico per loro. Ancora una volta a mio vantaggio. In alternativa, acquisirò semplicemente ciò a cui ho assistito, lo conserverò e lo userò per affinare la mia comprensione del modo in cui le persone soffrono, così da potersi rivelarsi utile in futuro.

Il lutto è un ricordo acuto e profondo del vasto spettro di emozioni umane e dei diversi modi in cui elabori e attraversi il dolore. Il distacco emotivo non diminuisce il significato del dolore di un altro; piuttosto, fornisce una lente alternativa attraverso la quale comprendere.

Io trovo il lutto curiosamente disgustoso. Sono felice di non essere afflitto da questa debolezza, ma trovo che sia assolutamente affascinante vederla negli altri.

Quando lo creo, il mio mondo esplode.

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR