NEL MEZZO

Ho avuto una seduta con la Dottoressa O. Sembrava così pulita e più invitante che mai. Ero seduto dall’altra parte della stanza rispetto a lei ma il profumo di pulito era percepibile. Scommettevo che se l’avessi assaggiata avrebbe saputo di pulito. I suoi vestiti erano immacolati, i suoi capelli splendenti e raccolti in una coda di cavallo e potevo vedere che le sue unghie erano ancora fresche di manicure. Il tipo di carnagione mi ricordava qualcuno conosciuto molto tempo prima. Immagino che si attenga a un energico regime di dieta, esercizio e cura della pelle per assicurarsi che la sua pelle sana e dall’aspetto soffice, continui ad essere così invitante per me. La Dottoressa O era impegnata nel discutere il mio comportamento.

“Cosa pensi di questo assunto?”, ha iniziato, “Il tuo comportamento è ripetitivo. Attiri le persone verso di te, le ferisci e poi le metti da parte solo per poi attirarle di nuovo”.

Ho aspettato mentre prendevo in considerazione il commento.

“Prima che risponda, desidero aggiungere un’obiezione”, ho commentato.

“Forse potresti rispondere senza l’obiezione. Manterrà le cose più semplici”.

“Ma è importante perché tu comprenda il contesto della risposta”.

“E se invece rispondi prima alla domanda e poi aggiungi l’obiezione?”, ha proposto.

I riflettuto su questo. Facendo così indubbiamente l’avrei compiaciuta. Accontentandola si sentirà attratta verso di me.

“Piuttosto equo. Questo assunto è esatto, tuttavia”, ho risposto.

Lei ha alzato una mano. Normalmente avrei proseguito, dopotutto, chi sulla terra è in diritto di stopparmi quando sto parlando? Continuavo a sentire che essendo indulgente con lei, avrei tratto un beneficio io stesso.

“Grazie. Cosa senti riguardo a questo assunto? Tu sei bloccato nel tuo comportamento”.

Lei ha indagato con una domanda ulteriore, quando invece mi aveva detto che mi avrebbe consentito di aggiungere il monito. Mi ha ingannato. Ho fatto nel modo a cui aveva acconsentito e ora lei sta rinnegando l’accordo. Non ero contento. Potevo sentire la rabbia crescermi dentro. Sapevo perché aveva fatto così. Voleva farmi sentire piccolo. Questo è ciò che fanno tutti, proprio come lei. Provano a farmi sentire piccolo e impotente e inutile e patetico e indegno. Potevo sentire il mio controllo sulla situazione che si allentava. Era la stessa sensazione di cadere intanto che cercavo di saltarci fuori afferrando ciò che mi circonda ma questo muta e si sposta, sfuggendo dalle mie mani.
Potevo avvertire l’abisso aprirsi nell’attesa di inghiottirmi, questo luogo di emozioni perdute con cui combatto ogni giorno. Si sollevavano per trascinarmi nel baratro. Volevano sottomettermi e consumarmi. Potevo sentire la sua voce alla deriva provenire dal basso, echeggiante e distante eppure in qualche modo nitida. Questa voce spettrale di tanto tempo fa che si annida nell’abisso e che quando accadono momenti come questo, si scatena. Posso sentire le parole, le rimproveranti, criticanti, umilianti parole che si rovesciano da quello spietato squarcio di bocca. Per favore, fermalo. Ti prego, ti prego, ti prego.

“Sì, mi sento bloccato. Sono bloccato con lei.”, ho detto all’improvviso, le parole che uscivano in modo innaturale e affannoso. La Dottoressa O era ancora nella stanza? Non potevo esserne certo, sembrava sfocata come se si fosse sciolta nell’ambiente circostante.

“Sono bloccato a sentire le sleali e ingiuste critiche su tutto ciò che faccio. Ci provo e vado avanti, ci provo ogni singolo giorno, provando a cancellare la sua voce che mi accusa, trovando chi mi loda così che le loro parole la fermeranno dal buttarmi giù. Devo contornarmi con chi mi può aiutare a ridurla e poi cancellarla, sono necessari per aiutarmi a sopravvivere. Mi giro verso gli altri in modo che le loro voci la sommergano, le parole gentili, l’adorazione. Devo avere tutto questo per riuscire a fermarla. Perfino le urla e i singhiozzi pieni di lacrime e le grida, sono preferibili ad ascoltare questa donna e la sua lingua acida. Qualche volta funziona per un po’, la sua voce e perduta nella cacofonia delle altre ma ritorna sempre. Perché? Cosa ho fatto per meritarmi questo? Non mi posso liberare da lei. Perfino quando penso, che questa volta sono riuscito a zittirla, lei in qualche modo torna in superficie. Non posso sopportarlo. Perché mi fai questo? Non ti ho mai fatto niente no? Volevo solo che mi dicessi che quello che facevo andava bene, ottenere la tua approvazione, ma non lo faresti mai, non è vero? Non ti ho mai ferita, ho fatto del mio meglio per te, ma dicevi sempre che potevo fare meglio, potevo migliorare, potevo arrivare più in alto. Volevo solo compiacerti, ci voleva tanto? Dimmi cosa devo fare, per favore. Voglio solo che smetta, voglio essere buono, te lo dicevo sempre, ma tu rispondevi che ero cattivo perché non facevo ciò che volevi, ma io facevo ciò che volevi, tu lo cambiavi sempre appena mi sembrava di esserci vicino. Ti prego, voglio che ora tu vada via e la smetti di ferirmi, perché continui a farlo, non ne hai avuto abbastanza? Smettila, per piacere smettila, voglio che la smetti, non lo voglio più, non voglio più rimanere bloccato, non voglio rimanere bloccato nel mezzo di questo, mai più, non voglio essere bloccato… nel bel… mezzo…con… te”.

Non riuscivo più a respirare e ormai le mie parole non arrivavano più in superficie. Il mio petto è serrato e l’aria, l’aria è stata rubata dai miei polmoni ora, il pavimento si muove e cambia. Posso sentire qualcosa ma non riesco a capire cosa è stato detto, è come un fragore. Le mie mani rastrellano l’aria come se combattessero avversari invisibili ma sembrano muoversi così lentamente. La Dottoressa O entra brevemente nel mio raggio d’attenzione mentre si muove attraverso la stanza nella mia direzione. Sono caduto e il pavimento si è sollevato per accogliermi mentre le tenebre mi afferravano. L’abbraccio dell’oscurità mi ingoia quando sento

“Mi hai deluso un’altra volta”.

Allora non resta più nulla.

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR