Sia il Dr E. che la Dottoressa O mi chiedono ripetutamente di parlare della mia infanzia. Non mi piace parlarne. Ho detto loro che non mi piace parlarne e che la ragione è che non ricordo molto a riguardo e quindi mi sento a disagio nel parlare di qualcosa su cui non ho controllo. È per tutti così, no? Se stai facendo una presentazione ma hai solo metà del materiale, ti senti imbarazzato, non è forse così? Se qualcuno ti fa una domanda ma tu non hai tutte le informazioni in mano, ti senti a disagio. Ho spiegato che la mia risposta era questa e che era perfettamente comprensibile. Non ho detto loro la vera ragione dietro il mio essere recalcitrante. Neanche per sogno.
Sfortunatamente, la Dottoressa O ha messo il coltello in mezzo ai denti in una delle sessioni e ha deciso che avrebbe parlato con me della mia famiglia.
“Chi ti ha rubato la ciambella questa settimana? Tuo fratello o tua sorella?”. Io ho tirato indietro per deviare il discorso. Lei mi ha ignorato e ha insistito.
“C’è qualcuno della tua famiglia di cui vorresti discutere con me?”, ha chiesto
“No”.
“Perché?”
Da dove inizio? Perché dovrei voler parlare di persone con cui perdo pochissimo tempo (tranne mio fratello)? Perché questa gente dà per scontato che io abbia qualche desiderio imperativo di discutere di un gruppo di persone con cui sono imparentato ma con cui non ho niente in comune? Cos’è questa ossessione?
Sono rimasto in silenzio.
“Okay, ora scegliamo un membro della famiglia e tu mi dici tre cose che ti piacciono e tre cose che non ti piacciono a riguardo. È solo un modo per iniziare a parlare, okay?”, ha suggerito.
Sono rimasto in silenzio.
“Che mi dici di tua madre?”, mi ha chiesto guardandomi con aspettativa.
Mi sono alzato e ho lasciato la stanza. Non gioco a questo gioco con la Dottoressa O. Non se ne parla.
Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR