Posso ancora rievocare la prima vera conversazione che ho avuto con Amanda.
Abbiamo parlato di tanto in tanto nel contesto della nostra classe. Questi scambi non sono andati oltre a semplici saluti o trasmettere un messaggio. Eppure sono memorabili per me, dubito che lei gli abbia dato la stessa importanza che gli attribuivo io.
Era l’inizio di Ottobre nel nostro primo semestre del College del sesto anno ed era stata organizzata una gita scolastica. Era geografia fisica che in gran parte riguardava l’effetto della glaciazione. L’enorme impatto del ghiaccio su un corpo umano nel suo ambiente. (inquietantemente premonitore, non trovi?) Trovavo lo studio delle valli erose dai ghiacciai, delle morene trasversali, creste di roccia sottile per i ghiacciai erosi e striature nelle pareti montuose, interessanti nonostante preferissi la geografia politica. Gli elementi umani mi hanno sempre affascinato.
Ero seduto sul bus con il mio gruppo di amici e stavo ad osservare Amanda che saliva a bordo. Indossava una luminosa giacca da sci gialla (per quegli anni indossare una giacca di quel tipo era considerato il massimo della moda) e teneva in mano la sua cuffia con i ponpon. Potevo vedere le strisce di uno zaino lungo la sua giacca e mentre camminava lungo la corsia del bus ha catturato il mio sguardo e mi ha sorriso. Quelle labbra meravigliose, fresche e prive della maschera del make up che avrei assaggiato sulle altre donne una volta cresciuto, si arricciarono verso l’alto mentre mi sorrideva. Ero ammaliato dall’estensione di quella bocca e dai denti bianchi rivelati, non ho potuto fare altro che rompere il mio sogno ad occhi aperti per rispondere a quel sorriso.
Il chiacchiericcio dei miei amici si allontanava diventano un rumore di sottofondo, mentre sentivo quello strano calore inondarmi.
Più tardi quel giorno ero tutto assorto nel prendere le misure del pavimento di pietra calcarea che era parte del nostro studio in questa gita. L’ampia superficie incisa di pietra calcarea esposta, si diffondeva in tutte le direzioni sulla cima della collina. Il cielo era una mescolanza di azzurro cielo e del grigio invasivo delle nuvole che minacciavano di scendere verso di noi e includerci nel loro abbraccio nebbioso. Era umido e freddo, una brezza leggera ghiacciata mi sfregava la faccia, ma non ci badavo mentre ero concentrato sul mio lavoro.
“Qui è dove sedevano insieme”, disse una voce. Sapevo all’istante chi fosse. Amanda non parlava con l’accento locale. Era qualcosa che mi attirava perché nessuno parlava così. Perfino adesso, nessuno è capace di collocare da dove vengo in questo paese. La neutralità della dizione che condividevamo entrambi non era qualcosa che mancava di colore o spessore, piuttosto ci elevava al di sopra il lamento delle adenoidi e le vocali attenuate dei nostri compagni. Alcuni ci consideravano snob, ma non è corretto, di nessuno di noi si poteva dire che venivamo dalla categoria dell’alta società. Sapevo solo che amavo la sua voce. Era nitida e precisa, ma con un calore che mi faceva venire voglia di sentire ogni parola, ogni sillaba ed immagine che formavano nell’aria mentre vi fluivano attraverso per entrare gentilmente nelle mie orecchie.
Ho smesso di lavorare e mi sono voltato a guardare Amanda che camminava verso di me, saltando un dislivello nella roccia.
“Sì lo so” ho risposto con un piccolo sorriso
“Lo sai?” Ha detto è scesa e si è seduta vicino a dove ero chinato, le sue lunghe gambe atletiche stavano a penzoloni sull’orlo della lastra di pietra calcarea. Non potevo fare a meno di posare i miei occhi sulle sue gambe, vestite con stretti leggings dalla caviglia fino all’orlo della sua lunga giacca. Linee snelle e attraenti.
“Sì, lo so” ho replicato mettendo giù la cartelletta e la penna e sedendomi davanti a lei, riflettendo la stessa posizione. Mi ha guardato per un istante come se mi stesse esaminando, i suoi occhi tondi ed inquisitori. Non ho detto nulla aspettando le sue prossime parole mentre sostenevo il suo sguardo. Come avrei voluto piegarmi verso di lei e baciarla, sentire il calore delle sue labbra contro le mie, in contrasto con la giornata intrisa di ghiaccio intorno a noi.
“Chi era che stava seduto qui insieme, quindi?” mi ha chiesto incrociando le braccia. Ha spostato lo sguardo via dal mio guardando la valle sottostante, lontano da dove eravamo seduti.
“Catherine and Heathcliff ”. Ho risposto.
“Molto bene” ha trillato battendo le mani deliziata. Ha tirato le gambe verso di sé e poi le ha lasciate cadere di nuovo, gli stivali tamburellavano contro la roccia liscia su cui eravamo seduti. La sua gioia alla mia risposta era simile a quella di una bambina, eppure non pensavo a lei come un’immatura, anzi il suo puro e semplice piacere per la mia risposta non solo mi deliziava ma mi faceva sentire più vicino a lei.
“Adoro Cime Tempestose, è uno dei miei libri preferiti” ha spiegato
“È anche uno dei miei preferiti” ho ammesso
“Davvero?” Si è girata a guardarmi. La domanda non era un’accusa ma piuttosto una felice incredulità per il fatto che mi piacesse lo stesso romanzo
“Sì” ho affermato “Lo sto studiando in Letteratura Inglese ma lo avevo già letto prima comunque”
“Mi sarebbe piaciuto fare Letteratura Inglese”, ha ammesso “ma ci sono così tante materie da poter scegliere”
Ho annuito concorde
“Stavano seduti qui abbracciati, solo loro due come se il resto del mondo non importasse o non avesse mai avuto importanza. Mi piacerebbe essere così coinvolta con qualcuno come erano loro, parte uno dell’altro. È così romantico, così bello” ha continuato lei. Stavo a sentire assaporando ogni parola che proveniva da quella bocca meravigliosa. Azzardare a dire che mi sentivo allo stesso modo? Azzardare perfino a suggerire che lo pensavo riguardo a lei?
“Sai, era quando Cathy e Heathcliff erano qui su questa pietra che Heathcliff disse una delle mie parti preferite del libro.”
“Penso di conoscere quale ma mi piacerebbe sentirtela dire”, ho risposto e poi ho sentito che suonavo troppo entusiasta e sdolcinato. Mi ha guardato di nuovo e mi ha fatto ancora quel sorriso.
“Ti piacerebbe?”
Ho annuito.
“Chiudi gli occhi”, disse e sapevo immediatamente la parte che stava recitando. Era quello che Heathcliff diceva a Cathy. Stavo seduto aspettando per il verso successivo, ma invece mi diede una gomitata.
“Andiamo HG, chiudi gli occhi” mi ha esortato. Ho sentito un’ondata dentro quando ha detto il mio nome e ho obbedito immediatamente, chiudendo gli occhi e aspettando ancora una volta che lei parlasse.
“Chiudi gli occhi, se, quando aprirai gli occhi, il giorno sarà assolato e luminoso, così sarà il tuo futuro. Ma se il giorno sarà pieno di tempesta, così sarà la tua vita.”
Ho aspettato che divenisse silenziosa. La mia pelle pulsava e mi sentivo così vivo come se fossi il soggetto delle sue parole.
“Ora, apri gli occhi.”
Ho obbedito e la sua bellissima faccia ha riempito la mia vista. Stava seduta sorridendomi mentre le nubi grigio scure si profilavano dietro di lei, minacciose e inquietanti.
“Qual è la tua parte preferita? deve essere una che viene detta qui, da questo posto.” insistette lei interrompendo i miei pensieri sul suo volto angelico e le tenebre che la sovrastavano. Mi sono fermato per un momento a riflettere e guardare il posto. Le parole crescevano tra i miei pensieri mentre mi giravo verso di lei. Era in attesa, pendeva dalle mie labbra per sapere quello che avrei detto. Avevo la sua intera attenzione. Era focalizzata su di me. Solo me. Ho schiarito la voce e ho iniziato a parlare, pronunciando le parole lentamente in modo intenzionale.
“Ed io faccio una preghiera, e la ripeterò fin che la mia lingua si secchi: Catherine Earnshaw, possa tu non trovar mai riposo fin ch’io vivo! Tu dici che io ti ho uccisa: tormentami, allora. Io so di fantasmi che hanno errato sulla terra. Sta sempre con me… prendi qualunque forma… rendimi pazzo. Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non ti posso trovare.”
Le mie parole svanirono e lei mi stava guardando. Il sorriso era sparito e al suo posto c’era uno sguardo di meraviglia sul suo volto. Mi sono accorto che la sua mano aveva preso la mia e che lo aveva fatto ad un certo punto mentre stavo parlando. L’ha stretta e poi lasciata andare, alzandosi in piedi e allontanandosi. L’ho guardata andare via mentre si è girata a guardarmi e mi ha sorriso, quel sorriso ancora una volta, solo per me.
Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR