“Finché ho un desiderio, ho una ragione per vivere. La soddisfazione è morte”.
Così disse George Bernard Shaw. Per noi la soddisfazione non è la morte, ma traiamo soddisfazione dalla morte, la morte degli altri. Ho scritto di come raramente partecipo ai funerali e ho spiegato i motivi di questo, ma ciò non vuol dire che non useremo le circostanze del morire e della morte per i nostri specifici vantaggi. Infatti, laddove lo spettro della morte incombe in attesa di tagliare l’ultimo sottile legame tra la persona e la vita, con la sua affilata falce, la nostra specie giunge allo scoperto strisciando per avvalersi del copioso carburante disponibile. Se dovessi vedere uno della nostra specie ricomparire dopo una lunga assenza, c’è una ragionevole possibilità che l’odore disgustosamente dolce della morte ci abbia attratto.
Se dovessimo apprendere che un membro della famiglia o un amico sta per andarsene in questa spirale mortale, allora questo rappresenta un’opportunità meravigliosa per la nostra specie. Per cominciare, la facciata può essere mantenuta dimostrando una falsa compassione sulle circostanze della persona la cui fine è imminente. Conosciamo tutte le frasi da sciorinare alla processione di visitatori e consolatori che sono attratti al letto del moribondo. Ci dilettiamo nel restare a veglia accanto a questa persona, anche se probabilmente non ci siamo preoccupati di lei per anni. Se qualcuno fosse così audace da chiedere perché siamo apparsi ora dopo tutto quel tempo in cui siamo rimasti lontani, ci appiglieremo a un’osservazione ingiustificata per castigare l’interlocutore.
“Come puoi chiedere una cosa del genere, in un momento come questo?”
“Questo non è dovuto a me; riguarda lo zio Malcolm”. (Come lo diciamo con una faccia seria mi sorprende ancora).
“Lo puoi dire, cosa hai fatto per lei ultimamente?” (Che verrà chiesto anche se sappiamo che l’interlocutore è stato il migliore in assoluto per la persona morente)
La nostra risposta sarà progettata per attirare una reazione emotiva e consentirci di assumere il carburante fornito.
Trasmetteremo una rudimentale apparenza di preoccupazione, anche se è tutto per far scena. Ovviamente lasceremo il grosso del lavoro ad altre persone. Non siamo lì per cambiare le bende intrise di pus o per dar sollievo la fronte febbricitante. Non ripuliremo qualcuno dopo che si sporca o si rovesciato addosso il cibo e il bicchiere con le mani tremanti e agitate. Niente affatto, ma faremo ciò che sappiamo fare meglio emetteremo una raffica di parole di vuota gentilezza, falsa compassione e considerazione fasulla nei confronti dell’individuo malato. Questo ci fa sembrare buoni agli occhi di tutte le persone riunite e i loro cenni di approvazione e borbottii di ringraziamento non solo ci forniscono carburante ma contribuiscono al mantenimento della facciata. Siamo un buon punto d’appoggio per viaggiare fin qui (venivamo comunque per un altro motivo) e offrire parole eloquenti di conforto a tutti i presenti.
Osservaci mentre ci muoviamo in mezzo a familiari, amici, colleghi e vicini che si presentano per vedere se possono aiutare mentre ci mettiamo a far da portinai. Nessuno ha il permesso di entrare senza prima vedere noi, in modo da poter risucchiare il carburante che viene fornito con una situazione emotiva così intensa. Fratelli e sorelle pieni di lacrime, zii dalla faccia severa, cugini disorientati tutti pronti perché noi mandiamo loro un commento compiacente e di sostegno, solo per ricevere i loro ringraziamenti, la loro gratitudine e approvazione.
Non permetteremo all’individuo la cui sabbia del tempo si sta esaurendo di godersi il centro del palcoscenico un’ultima volta e ci accampiamo sul suo territorio, usurpandolo attraverso un’esibizione di apparente preoccupazione e compassione. Osserva attentamente e vedrai che in realtà non facciamo nulla per la persona che sta morendo, che non è il nostro ruolo, ci sono dei servitori per questo ed è tutto indegno di noi. Invece, la vediamo come una possibilità di attingere carburante e sembrare un individuo che dà supporto che sta riunendo tutti insieme e si assicura che gli ultimi giorni della persona morente siano più felici e tranquilli possibile.
Abbiamo visto diverse volte ciò che dev’essere detto per produrre le lacrime, la testa lentamente abbassata e il sorriso debole, il tentativo di essere coraggiosi nonostante la grave tristezza. Dentro non lo sentiamo mentre salutiamo ogni persona. Ci sentiamo rinvigoriti dal carburante che scorre. Gironzoliamo attorno al letto, osservando come si pone il nuovo arrivato di fronte al nostro incarico, commentando ciò che stavamo facendo per loro (in effetti è qualcun altro che si è preso cura di loro ma siamo contenti di prenderci il merito) così otteniamo ulteriore approvazione e ringraziamenti. Riteniamo che questi visitatori siano venuti davvero a vedere noi, a ringraziarci per il nostro lavoro, la nostra generosità e la nostra grandezza, piuttosto che per la persona morente e stremata nel letto vicino. Come un macabro cuculo, noi compariamo e ci impadroniamo dell’atto finale di questa persona, rivendicandolo per noi stessi, le nostre linee di carburante intanto si snodano verso chiunque appaia.
Ovviamente rimane ancora l’opportunità di attingere carburante dall’individuo morente. Anche se può guardarci attraverso gli occhi nocciola morfina e mormorare parole sotto sedazione che sono difficili da discernere, la tenuta della loro presa sul nostro braccio o sulla mano ci dice molto su come apprezza ciò che stiamo facendo. Mentre il suo tempo in questo mondo volge al termine, vediamo ancora la possibilità di estrarre un po’ di carburante da questa persona mentre tiriamo fuori i noti convenevoli per un momento come questo. Non li diciamo per trasmettere conforto, ma solo per garantire che ci arrivino apprezzamenti, gratitudine e ringraziamenti e, a loro volta, ci alimentino.
Come guardiani e capo-consolatori ci posizioniamo al centro di ogni cosa durante questo periodo. Facciamo poco, ma dirigiamo gli altri e diamo comandi e osservazioni verbali, ognuno dei quali è strumentale. Cercheremo di creare ancora più carburante protendendoci in giù e ascoltando attentamente mentre il morente parla, forse le sue ultime parole mentre annuiamo e li accarezziamo gentilmente con la mano, il prescelto per il loro discorso finale. Prenderemo queste parole e le useremo a nostro vantaggio. Se la vedova in lutto, chiamiamola Emily, chiede cosa ha detto il suo defunto marito, potremmo omettere le sue effettive parole e dire,
“Ha detto, di’ a Emily che mi dispiace per quello che ho fatto”.
Il suo sguardo di confusione alla nostra falsa affermazione ci darà carburante. In alternativa, potremmo dire:
“Ha detto, di’ a Rose che l’amo così tanto”.
Il suo sguardo perplesso mentre chiede “Chi è Rose?” genera un ulteriore mucchio di carburante.
E ancora, possiamo fingere che ci sia stato rivelato un grande segreto e che non possiamo dire di cosa si tratta per attirare domande e attenzioni su di noi.
Certamente, ci possono essere casi in cui vi è l’ultima possibilità di attingere un po’ di carburante negativo, di far diventare fiamme quegli occhi offuscati per l’ultima volta dallo shock, dal dolore e dalla confusione. Un’opportunità per avvicinarsi e sussurrare un’ultima frase caustica, progettata per condannare questa persona disgraziata a passare i suoi ultimi momenti nel tormento, incapace di rispondere in modo efficace, le sue smorfie e gesti graffianti indicativi del disagio che è stato causato dalla barbarie d’addio che gli è stata gentilmente detta nelle orecchie. Uno scoppio di carburante negativo di commiato che sottolinea il nostro senso di onnipotenza per il fatto che possiamo ancora raggiungere questo risultato anche in un momento come questo. Un tale atto viene solitamente conservato per qualcuno che crediamo veramente lo meriti.
Durante la mia vita ho conosciuto un maestro professionista di tali comportamenti. Dal bambino silenzioso fatto sedere e osservare, all’adulto esperto che può vedere subito attraverso questa facciata e che sa cosa sta succedendo veramente. Ho visto tutte queste mosse, azioni e comportamenti messi in atto da questo presunto paladino di compassione e per tutto il tempo sapevo cosa stava realmente accadendo.
Forse non ho copiato molto spesso questi comportamenti in modo esauriente per me stesso – di solito perché il tempo non mi ha mai permesso di trascorrere giorni del genere a fare questo tipo di veglia – ma l’ho visto quando ero più giovane e impresso istantaneamente quando ero più vecchio, così come i ricordi di altri che si incastrano tutti insieme. Io so cosa fa lei. Quando arriva, vestita in modo impeccabile, con i tacchi che fanno click sul pavimento mentre si mette al centro della scena, mi concentro su quel click click e so che il coleottero orologio della morte è giunto.
Ho imparato e potrei ancora scegliere di far valere quelle lezioni in caso di necessità, ma so per certo che cercherò l’ultima fonte di carburante negativo prima del rantolo della morte. So per chi conserverò il commento che ho scelto per ottenere quella soddisfazione dalla morte.
Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR