IL NARCISISTA MANIPOLA – È SOLO IL VENTO

È fondamentale per noi, a causa del metodo con cui siamo in grado di esercitare il nostro controllo, mantenere in te uno stato di ansia elevato. Quando ti teniamo sulla corda non sei in grado di funzionare correttamente. Non sei nella posizione di sfidare ciò che facciamo, nella tua stessa mente o confrontandoti con noi. Vogliamo che tu cammini sui carboni ardenti e che ti senta incerto. Un metodo con cui di solito ci riesco è l’uso di rumori improvvisi. Scelgo un momento in cui l’altra persona è seduta in silenzio, magari a leggere un libro o a guardare la televisione. La casa è silenziosa e vedo che sei rilassata. Uscirò dalla stanza e forse andrò di sopra dove batterò un paio di porte o pesterò sul pavimento e poi tornerò dove sei tu.

«Cos’è stato quel botto?», chiedi, mentre io entro di nuovo nella stanza.

«Un botto?», rispondo con uno sguardo interrogativo sul viso.

«Sì, c’è stato un forte botto che veniva dal piano di sopra, non l’hai sentito?».

Scuoto la testa e ti osservo mentre aggrotti le sopracciglia.

«Sono sicura di averlo sentito, come qualcosa che colpisce il pavimento».

Scuoto di nuovo la testa.

«No, ero proprio in cucina ma non ho sentito niente».

Mi siedo e osservo mentre ti alzi per esplorare e per cercare di scoprire quale sia stata la fonte del rumore. Non troverai alcuna prova che ti possa aiutare nella tua ricerca, perché ho pestato sul pavimento sopra al soggiorno tre volte. Non c’è nulla di rotto o danneggiato che possa darti qualche indizio su cosa è successo. Ritorni al tuo posto perplessa da questo rumore e riprendi il compito in cui eri impegnata. Durante il giorno produco intermittenti rumori improvvisi, forti e progettati per farti saltare. Sbatto alcune porte, sbatto sul pavimento quando sono di sopra e faccio sbattere le finestre quando le chiudo.

Ogni volta io nego di aver sentito il rumore mentre tu ti aggiri per casa cercando di scoprire quale sia stata la fonte del rumore improvviso. Vedo che ti sta arrivando. Stai gironzolando intorno, scrutando la casa in modo serio, come se ti aspettassi che un intruso si fermasse lì a sbattere due pezzi di legno. Continui a chiedermi se ho sentito qualcosa.

A ogni occasione lo nego. Non permetto mai che tu mi becchi a provocare il rumore e ogni volta mi sforzo di non ridere mentre continui a chiedermi se l’ho sentito. Mi chiedi se siano i vicini, ma sottolineo che sono fuori casa per il weekend. Continuo con questa campagna durante la notte, scivolo dal letto e faccio rovesciare qualcosa così ti svegli di soprassalto. A volte mi sveglio e urlo ad alta voce e poi faccio finta di dormire mentre tu mi afferri, spaventata dal rumore improvviso.

Ogni volta fingo di ignorare e poi comincio a dimostrare irritazione nei tuoi confronti perché continui a svegliarmi e a disturbare il mio sonno. Il giorno dopo sembri stare malissimo. Hai dormito a malapena, lasciata sulla corda da questi rumori intermittenti che assumono ancora più nitidezza ed effetto nel cuore della notte. Continuo a causare questi colpi e schianti improvvisi e nego sempre di sentirli. Sottolineo che devi sentire cose e il fatto che sembri esausta mostra che devi avere una specie di crisi psicotica. Continui a chiedermi come posso non aver sentito nulla, ma ogni volta io scuoto la testa e nego di sentire questi rumori.

Faccio finta di dimostrare che mi preoccupo di te tenendo il punto e suggerendoti che potrebbe essere qualcosa fuori o che è stato solo il vento mentre soffiava oltre la casa, a sbattere una finestra o a colpire il bussolo della spazzatura fuori. Questo ti porta ad andare alla finestra e fissare il bussolo che non si è spostato. Non accetti queste spiegazioni naturali, così io comincio a suggerire che è dovuto al fatto che sei stanca e forse dovresti prenderti un po’ di tempo libero ma tu non sarai d’accordo.

«Forse abbiamo un fantasma?», suggerisco e osservo il colorito sparire dalla tua faccia a questa insinuazione. Poi passo a fare un rumore davanti a te.

«Eri tu», dichiari mentre salti sulla sedia.

«Lo so, stavo solo controllando che il tuo udito funzionasse correttamente. Ovviamente funziona».

«Ma io continuo a sentire dei rumori e tu no?», protesti con uno sguardo sconcertato.

«Lo so, continui a dirlo, forse dovresti andare dal dottore?».

Ti senti uno straccio e prosciugata, quindi accetti. Ti accompagno, adempiendo all’obbligo di prendermi cura di un partner mentre mi siedo e ti ascolto mentre spieghi al dottore cosa sta succedendo. Confermo che senti le cose e il dottore si chiede se sei affetta da depressione e suggerisce di monitorare la situazione. Chiedi qualcosa che ti aiuti a dormire e io concordo con il suggerimento.

Viene tutto annotato nella tua cartella e fornisce prove che posso trasmettere ad altre persone per costruire questo quadro che c’è qualcosa di seriamente sbagliato in te, che sei soggetta a immaginare cose, tutto utile per creare l’immagine secondo cui stai perdendo la testa. Continuo con il comportamento, creando sbattimenti, colpi e schianti durante il giorno e di notte fino a quando non torni dai dottori che chiedono di darti altre medicine con il mio consenso, mentre io annuisco vicino a te.

A poco a poco la tua salute mentale viene erosa da questa campagna di tormento e tu ti appoggi a me per tutto il tempo, grata per il mio sostegno e ignara del fatto che sono io la fonte della tua ansia. Io cerco di darti conforto, offrendo spiegazioni secondo cui i rumori provengono da una causa naturale mentre continuo a dare un’occhiata a te che sei pazza, completamente pazza.

«È solo il vento», ti dico ancora, ma tu guardi fuori dalla finestra e vedi che i rami non si muovono mentre sprofondi su una sedia tenendoti la testa tra le mani.

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR