IL MANICOMIO DEL GROTTESCO

“Perché non mi ami nel modo in cui ti amo io?”- Paula

“Forse se solo ci provassi potresti trovare un sistema migliore, qualcosa di più profondo e sostanziale” -Kate

“So che è dentro di te, deve esserci, tutto ciò di cui hai bisogno è accettarlo e riporre fiducia in me”-Alex

“So che flirti con chiunque, ma sotto la superficie del peccato, so che vuoi amarmi come ti amo io”- Karen

“Se me lo permetterai ti mostrerò come amare senza condizioni o crudeltà, lo possiamo fare tutti. Lasciami tentare”- Caroline

Posso ancora sentire queste parole pronunciate da queste donne (e molte altre ancora) mentre sto seduto di notte nel grande salotto sul retro della mia casa. È al primo piano e mi consente una visuale dominante sui terreni della parte posteriore della proprietà, boschetti cedui sparsi spaccano il paesaggio ondeggiante. Avevo due camere comunicanti da cui ho creato questo salotto dove amo sedermi e guardare il panorama mentre il sole svanisce e arriva la fresca calma notturna. Il cielo muta dall’armonia di arancioni fiammanti, rossi e gialli ad un azzurro rilassante e poi scende l’oscurità. A me e Karen piaceva rimanere seduti nelle grandi sedie rivolte verso la finestra. Spesso non dicevamo nulla mentre attorno a noi le lampade si accendevano, un lieve click segnalava la creazione di un gruppo di luci mentre il timer le attivava una dopo l’altra.

Spesso mi lascio la città alle spalle e vengo qui così posso stare seduto in questa tenuta che considero come il mio castello e con un bicchiere di Chablis in mano, guardare il cielo che cambia colore. Si può udire qualche verso sporadico di animali lontani ma c’è principalmente silenzio. Il silenzio avvolgente di un mondo calmo finché non sento le loro parole. Tutte loro intendo ciò che dicono e fanno con le migliori intenzioni. Lo so perché posso vederlo nei loro occhi. Siano essi del più onesto verde, sentito nocciola, implorante blu, o motivante grigio, posso ancora vederle mentre provano a farmi vedere una strada diversa. Vogliono che io cambi. Vogliono rendermi qualcos’altro.

Ora Karen non siede più vicino a me, raramente porto qui le fidanzate di fuori. Preferisco la solitudine, solo per pochi giorni. Controllerò regolarmente i dispositivi elettronici e gli schermi lampeggianti dove sono elencati messaggi ed e-mail mi fanno andare avanti visto che così tante persone ricercano la mia attenzione. Senza Karen, ho deciso di rinunciare alla lieve fioritura delle lampade, preferisco restare avvolto nell’oscurità. È qui che posso sedermi e pianificare. È in questa quiete che posso schierare le mie risorse, segnare i miei bersagli e organizzare i miei intrighi. È anche il momento in cui resisto a quelle suppliche sul diventare ciò che considero impossibile da raggiungere. Preferisco passeggiare in mezzo ai miei trofei. Procedo tra gli omaggi al mio genio congelati nel tempo mentre immagino una ad una tutte le mie conquiste come se fossero bellissime statue scolpite in una posa simbolica che esprime la mia vittoria sopra esse. C’è Siobahn, in ginocchio mentre mi guarda e mi prega di non andarmene, il suo tratti carini contorti dal dolore che sta provando. Paula è seduta al tavolo, tiene le mani sulla bocca, gli occhi spalancati dal terrore mentre lotta per non dire nulla, terrorizzata che una parola sfugga dalle sue labbra.
Becky zoppica, le corde attaccate alle sue mani, ai suoi piedi, alla sua testa, alle sue spalle e in altri posti, salgono verso l’alto. Il burattino rotto.
Kate sta sulle punte, la sua faccia è una maschera d’angoscia mentre una mano è sollevata sopra i suoi occhi, guarda all’orizzonte come se cercasse qualcosa, un guinzaglio per cani vuoto nella sua mano. Lascio che le miei mani scivolino sulla pietra liscia che ha catturato la loro sconfitta incarnandola in una posa eterna. Le mie dita sorvolano le bocche aperte, le labbra arricciate, gli occhi pieni di lacrime, le narici dilatate.
Assaporo la disperazione, la rabbia e l’avvilimento infusi in queste statue. Ci passeggio regolarmente e mi ricorda il mio potere, il controllo che ho su queste persone che hanno tentato di cambiarmi ma sono riuscite solo a deludermi sempre. Perché mai dovrei voler fare ciò che loro vorrebbero che facessi? Perché dovrei abbracciare le loro suggestioni quando posso creare questi monumenti alla mia onnipotenza? Questi capolavori di disperazione rinforzano sempre l’idea che sono destinato a fare ciò che so fare meglio. Quando faccio due passi nel mio manicomio del grottesco mi sento rassicurato, validato e confortato che la mia strada è quella giusta.

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR