Io mi annoio facilmente. Penso che il fatto che la mia mente sia sempre in corsa sia una conseguenza di quanto sono intelligente e brillante. Continua a correre incessantemente, con pensieri e idee che la attraversano. Perciò ho bisogno di essere stimolato e tenuto occupato. Questo ha un impatto sulle mie relazioni. Non so perché, ma dopo un certo periodo semplicemente mi annoio, indipendentemente dalla persona con cui sto. Di solito dico alla partner di turno che è lei quella che amo di più, la sola che tiene vivo il mio interesse e che è la sola e unica. In qualche modo questo cambia. Ho spesso riflettuto sul perché accade e ho tratto la conclusione che è una combinazione tra il fatto che mi sento facilmente annoiato e il fatto che tu diventi appiccicosa in un modo irritante. Anziché renderti conto che sono annoiato, continui a girarmi intorno e questo inizia ad irritarmi. Per farti capire che non ti voglio più, devo ricorrere a cattiverie sempre più grandi per farti andare via. Ti devo confessare comunque che in molti casi queste cattiverie sembrano avere l’effetto contrario. È bizzarro. Più tento di spingerti via, più forte ti aggrappi e questo mi fa arrabbiare. Ogni tanto c’è una scintilla di interesse e mi ricordo come mi sentivo prima e in qualche modo devo rifletterlo su di te che sembri contenta. Non dura a lungo e questa noia onnicomprensiva torna di nuovo e quindi devo spingerti via mentre provo a trovare qualcun altro, qualcosa di differente con cui coinvolgermi. Ma tu continui a rimanere, sospesa e lasciata in un limbo. Gli occasionali scorci che ti do di come erano prima le cose, in realtà ti riportano indietro e ti danno una speranza mal riposta che io possa riaccendere quello che avevamo in passato. Non potrà mai accadere, dato che il mio stato di sterilità ritorna e ormai per calmarlo non posso più rivolgermi a te.
Tu resti in uno stato di sospensione, a rimbalzare avanti e indietro, legata a me da una specie di elastico. Io non lo taglierò e a quanto pare nemmeno tu lo farai.
Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR