TREMOTINO E IL RE NARCI

C’era una volta un Luogotenente che era povero, ma che aveva una bella figlia empatica. Ora, accadde che doveva andare a parlare con il Re Narci e, al fine di ingraziarsi il Re Narci perché gli fornisse alcuni benefici residui, il Luogotenente disse al re: “Ho una figlia che può trasformare la spazzatura in incantevole splendore, per esempio, cazzate in periodi d’oro”.

Il Re Narci disse al Luogotenente: “È un mestiere che mi aggrada, se tua figlia è intelligente come dici, portala domani al Palazzo della Speranza Perduta e io la metterò alla prova”.

E quando la figlia empatica fu portata dal Re Narci, questo la condusse in uno scompartimento abbastanza pieno di cazzate, le diede una ruota e una bobina e disse:

“Non mi va di usare la mia energia, quindi ho bisogno che tu trasformi queste cazzate in periodi d’oro che io possa usare sui miei soggetti intrappolati. Se entro domani non hai trasformato tutte queste cazzate in periodi d’oro, dovrai essere scartata e diffamata”.

A quel punto il Re Narci chiuse a chiave la figlia empatica nello scompartimento e la lasciò per andare a recuperare la regina ospite di Sheba. Così la figlia del povero Luogotenente si mise a sedere e non riusciva a capire cosa fare per la sua vita. Non aveva mai raccontato bugie ed era una persona onesta, e quindi non aveva idea di come le cazzate potessero essere trasformate in periodi d’oro. Divenne sempre più spaventata finché alla fine cominciò a piangere.

Ma all’improvviso la porta si aprì, entrò un ometto e disse: “Buona sera, padrona Empatica, perché mai stai sprecando tutto quel delizioso carburante negativo in una stanza piena di cazzate?”

“Ahimè”, rispose la ragazza: “Devo trasformare queste cazzate in periodi d’oro e non so come fare”.

“Cosa mi darai se lo faccio io al tuo posto?”, chiese l’ometto, fregandosi le mani nell’attesa.

“Non ho altro da darti che la mia ammirazione e il mio apprezzamento”, rispose la figlia del Luogotenente.

“Può bastare”, ghignò l’ometto.

Si sedette di fronte al volante e whirr, whirr, whirr, la bobina era piena. Mise un altro mulinello e poi un altro e andò avanti così fino al mattino girando le cazzate fino a quando non ci furono che bobine di periodi d’oro.

All’alba il Re Narci era già lì perché non dormiva molto e quando vide tutti i periodi d’oro ne fu deliziato, ma il suo cuore oscuro non fece che diventare più avido. Fece portare la figlia del Luogotenente in un’altra stanza piena di cazzate, che era molto più grande.

“Bene, io ho un banchetto in arrivo e non riesco a tirar fuori ancora una volta tutti i miei falsi aneddoti, quindi ho bisogno che tu mi trasformi qualche altro periodo d’oro per far sgranare gli occhi e drizzare le orecchie di tutti coloro che partecipano. Queste cazzate sono in quarantena da tempo immemorabile, per fortuna; se fossi capace di farlo, mi vergognerei per alcuni dei loro contenuti. Trasforma questo lotto in periodi d’oro nel corso di una notte oppure ti scarterò, ti diffamerò e ti recupererò più volte in modo maligno”, comandò il Re Narci.

Sgomenta, la ragazza ricominciò a piangere e in un attimo l’ometto ricomparve ancora una volta nella stanza.

“Santa Toledo, sei matta? Così tanto carburante e tu lo stai sprecando”.

“Mi dispiace, ma mi sento in colpa per tutto, io sono fatta così. Devo convertire questa stanza piena di cazzate in periodi d’oro oppure il re mi farà passare qualche brutto quarto d’ora”.

“Capisco. Cosa mi darai se lo faccio io al tuo posto?”, chiese l’ometto.

“Non ho nulla ma posso solo darti il mio apprezzamento e la mia ammirazione ancora una volta”, rispose la ragazza.

Nah, ne ho avuta un sacco da parte tua, è noiosa e stantia. Ti dico io cosa darmi; mi siederò, farò la conversione e ti offenderò in tutti i modi possibili, fino a farti piangere così io avrò le tue lacrime e la tua infelicità”.

“Veramente? Sembra una cosa strana da fare quando potrei essere così entusiasta e riconoscente per te. Onestamente, ti ammirerei sempre e per sempre, sei stato così gentile con me”.

“Salvati ragazza, apri i rubinetti o dovrai dare il culo al re”, dichiarò l’ometto.

“Molto bene”, rispose la ragazza.

Così l’ometto si mise al lavoro e mentre la ragazza piangeva e si lamentava, ridacchiava tra sé mentre lavorava a modo suo attraverso l’alfabeto di Insulti Svalutanti, chiamandola con ogni sorta di orribili aggettivi. All’alba tutte le cazzate erano diventate periodi d’oro.

Il Re Narci si sbalordì e si rallegrò col potere che gli scintillava negli occhi alla vista di tanti periodi d’oro che avrebbe potuto riversare sulle ignare vittime. Tuttavia, non era abbastanza e fece portare la figlia del Luogotenente in una stanza enorme piena di cazzate.

“Mio Dio, chi ha creato tutte queste cazzate?”, chiese la ragazza, stupita che si potesse accumularne una simile quantità.

“Non hai mai sentito uno dei miei discorsi?”, chiese il Re Narci in qualche modo irritato.

“Trasforma tutto questo in periodi d’oro e fallo in una notte e se ci riesci ti renderò la mia Fonte Primaria Intima, ehm intendo moglie”.

Il Re Narci partì per recuperare in modo maligno i residenti di un villaggio vicino e lasciò la ragazza da sola. A tempo debito comparve l’ometto.

“Beh, andrò fino ai piedi della scala!”, annunciò quando vide le montagne di cazzate attorno alla ragazza. “Pensavo di potermela cavare, ma questo tipo sarà difficile batterlo”.

“Cosa mi darai se trasformerò le cazzate in periodi d’oro una terza volta?”, chiese.

“Non mi è rimasto nulla. Ho esaurito le lacrime e mi sento insensibile”.

“Non va molto bene. Ti dico io cosa darmi; se diventerai regina, il Re Narci dovrà metterti incinta in modo da legarti a lui, quindi prenderò il tuo primogenito ai fini della triangolazione”.

Magari questo non accadrà, pensò la Figlia del Luogotenente e non sapendo in quale altro modo cavarsela, trovandosi alle strette, acconsentì.

E quando il Re Narci arrivò alle 6 del mattino dopo una notte di seduzione, trovò tutto ciò che aveva desiderato e prese in moglie la Figlia del Luogotenente, che divenne una fonte primaria intima e venne considerata come una regina.

Circa un anno dopo lei mise al mondo un bel bambino e non dedicò mai un pensiero a quell’ometto buffo ma una sera, dimostrando un’evidente mancanza di rispetto per i confini, l’ometto entrò nella sua camera e disse:

“Ho un enorme senso del diritto, quindi dammi ciò che voglio”.

La regina inorridì e offrì al buffo ometto i suoi tratti caratteriali e molti benefici residui, incluso un abbonamento completo a Netflix e l’uso esclusivo di una carrozza di cristallo, ma l’ometto rifiutò.

“No, il carburante di recupero e il potenziale di triangolazione di tuo figlio mi sono molto più cari che sorbirmi spettacoli di fantascienza per tutto il giorno”.

Allora la regina cominciò a gemere e piangere. L’ometto non riceveva il suo carburante negativo da un anno e questo lo fece sentire meglio, perciò si chiese se potesse essere preferibile tenere la regina come fonte secondaria non intima da cui avrebbe potuto continuare a tornare.

“Ti dico io cosa darmi, visto che sono un tipo onesto o almeno così pensa la mia facciata, ti concederò tre giorni e se in questo tempo scoprirai il mio nome, allora potrai tenere il bambino”.

Così la regina pensò per tutta la notte a ogni nome possibile che aveva sentito, e ordinò a un messo di andare in giro per tutto il paese a informarsi, in lungo e in largo, su qualsiasi altro nome che potesse esistere. Il messo, che aveva assistito a questo teatrino così tante volte, decise invece di andare alla biblioteca del castello e fare qualche ricerca su questo strano ometto che la regina aveva descritto. Trovò alcuni tomi di un individuo sagace noto come HG Tudor. Si sedette a leggere i libri che portavano titoli del tipo “Racconti di Furia di Folletti”, “Andare in No Contact e Cacciare Ometti Fastidiosi” e “Sparisci! Come Battere Ometti divertenti”. Piuttosto che perdere tempo a trovare i nomi, il saggio messo lesse e rilesse e poi prese solo la lista dei nomi dell’ultima volta che era stato inviato in missione e la consegnò alla regina perché la usasse prima di tornare alla sua ricerca.

Quando l’ometto arrivò il giorno successivo, iniziò con Anima gemella, Vero Amore e Stella Splendente, e pronunciò tutti i nomi che conosceva, uno dopo l’altro, ma a ciascuno l’ometto disse: “Non è il mio nome”.

Il secondo giorno la regina si era informata su un blog popolare sui nomi delle persone che i commentatori conoscevano, e ripeté al buffo ometto i più insoliti e curiosi. Forse ti chiami Tubby, Dickula o Narcopatico, ma lui rispondeva sempre: “Non è il mio nome”.

Il terzo giorno il messo, che francamente trovava assurda tutta questa ricerca del nome, tornò di nuovo e disse: “Non sono stato in grado di trovare un solo nome nuovo, quindi immagino che tu sia un coglione di merda”.

“Oh mio Dio”, gridò la regina: “cosa devo fare, non voglio perdere il mio bambino e farlo triangolare dal fratello più brutto di Yoda”.

Il messo aveva già visto questo gioco molte volte in passato, ma andava avanti solo perché di solito la paga al castello era buona e la vista dalla sua torretta era impressionante, così sopportava il rituale di questi ripetuti recuperi da parte del buffo ometto. Dopo molti anni, però, il messo aveva fatto alcuni importanti progressi nella sua ricerca e inoltre ne aveva piene le scatole, così ritenne che fosse ora che la sciarada finisse.

“Vostra maestà, se posso dare un suggerimento, quando questo Trem … ehm, buffo ometto appare, non si preoccupi di conoscere il suo nome, anzi lo ignori”.

“Ignorarlo, ma perché?”

“Mi creda, ho sopportato questo scenario trenta volte in vita mia e, a essere sincero, ho bisogno di una pausa da tutto questo correre qua e là per ricerche e commissioni ridicole. Se vuole levarsi dai piedi questo pazzoide, lo ignori e basta. Posso garantire che non prenderà il suo bambino.”

E quando poco dopo entrò l’ometto e chiese: “Allora, padrona regina, qual’è il mio nome?”

La regina non disse nulla.

“Ho detto, qual è il mio nome?”

La regina guardò fuori dalla finestra.

“Il mio nome? Il mio nome? Qual’è?”, urlò l’ometto saltando da un piede all’altro.

Ma la Regina seguì il consiglio del messo e ignorò completamente l’ometto. Non è importante cosa lui le abbia detto e quanta scena abbia fatto, lei semplicemente lo ignorò finché lui nella sua furia accesa piantò il piede destro così profondamente in terra da far entrare tutta la gamba e poi, in preda alla rabbia, si tirò con entrambe le mani così forte per la gamba sinistra che si squarciò in due e sparì.

La Regina sorrise e cullò il suo bambino mentre il messo ringraziava il suo Dio personale che il carosello fosse finalmente finito.

Narci-Racconti Volume 1

Narci-Racconti Volume 2

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR