IL MORTO CHE CAMMINA

Viene spesso detto riguardo alla nostra specie che siamo concretamente morti. Questo si riferisce ad un decesso emozionale. Questo decesso emozionale è collegato alla percezione che noi non sentiamo. Questo stato di morte emotiva è anche connesso al concetto che la nostra specie si sente vuota, che dentro di noi ci sia un enorme abisso, un deserto ululante dove non c’è nulla. Se siamo emotivamente morti, cosa lo ha causato? Chi o cosa potrebbe essere lo sterminatore? C’è una prospettiva di resurrezione? Non sentiamo nulla? C’è questo pervasivo senso di vuoto dentro di noi?

Io non sono emotivamente morto.

Perché scrivo così? È perché sento le cose. Sento la bruciante severità che fluisce dalla critica verso di me. Mi sento geloso quando le persone stanno ascoltando qualcun altro nel gruppo e non me. Mi sento invidioso quando vedo una macchina superiore alla mia. Sento la frustrazione quando non sto facendo sì che qualcuno faccia come voglio. Mi sento ostile per quelli che si sono rivoltati contro di me e attraverso la loro perfida slealtà hanno cercato di ferirmi. Sento la furia quando rispondo ad una critica. Questi sentimenti sono forti, viscerali, reali. Sento anche il potere. Sento quello slancio familiare, mentre le prime fiammate di potere scintillano di vita, portate in essere dall’applicazione di carburante e poi crescono. La sensazione crescente aumenta e scorre attraverso di me, rinvigorendomi ed edificandomi. Mi fa avanzare, fa sì che mi senta come se stessi scoppiando perché mi permette di splendere, impressionare, esibire. L’intensità di queste sensazioni è sostanziale e non solo per me è necessario sentirmi così, dà dipendenza.

E allora per quelle altre emozioni, tristezza, gioia, felicità, paura, preoccupazione, compassione e via dicendo? Sono assenti. Non le sento. Ho visto certe risposte in quelli attorno a me e ho sentito la gente descriverle quindi conosco l’aspetto della felicità e so cosa si prova ad essere te, ma non lo sento. Mi è chiaro che quando ti senti felice, io mi sento potente. Quando avverti gioia, io avverto un grande senso di potere. Di conseguenza, è corretto affermare che riguardo a certe emozioni sono morto, o che questo sia del tutto esatto. Perché qualcosa muoia deve prima aver vissuto. Qualcosa deve esserci stato all’inizio e poi è svanito, è stato annientato o rimosso. Una volta ero felice e poi la capacità di essere felice mi è stata portata via? Chi l’ha rimossa? È stata l’azione di qualcun altro oppure ho deciso di strappare la felicità da me stesso mettendo il potere al suo posto? Ripensandoci, si tratta del caso in cui certi elementi del mio spettro emozionale non sono morti del tutto ma piuttosto ho sperimentato un qualche tipo di paralisi emotiva. Quelle emozioni sono da qualche parte ma sono state interrotte, limitate, silenziate? So dalle mie letture e osservazioni che, per esempio, la compassione sembra che sia appresa da altri. Una volta ho imparato ad essere compassionevole e poi per qualche ragione si è fermata e non mi è stato mai concesso di svilupparla nuovamente? Una volta ero in grado di manifestare la gioia ma poi è stata ostacolata ed interrotta e mi è stata nascosta?

In alternativa, potrebbe essere che per quanto riguarda certe emozioni io non sia nemmeno morto emotivamente o emozionalmente paralizzato. Per entrambi gli esempi ne deve seguire che l’emozione una volta era lì ma è stata rimossa (morte) o bloccata (paralisi). E se l’emozione non fosse mai stata lì fin dall’inizio? E se fossi stato creato senza la capacità di gioire, essere triste e provare compassione? Se fossi stato creato in modo differente? Forse la mia creazione e sviluppo hanno fatto sì che fosse necessario rinunciare a queste emozioni al fine di facilitare un certo modo di essere che mi permette di conseguire e realizzare in modo più efficace senza essere intralciato o ostacolato da tali sentimenti. Non mi preoccupo di chi potrei calpestare, mentre salgo, quindi mi arrampico molto più velocemente e molto più in alto delle altre persone. Potrebbe trattarsi del caso in cui al fine di avere chi eccelle in così tanti campi fosse necessario per noi che venissero negate certe emozioni per garantire che fossimo efficienti? Riconosco che non tutti quelli che sono leader nel loro campo, persone di successo e vincenti siano dei nostri, ma noi siamo sovra-rappresentati. Perfino se qualcuno di essi potesse non essere considerato come uno della nostra specie, so che è più facile che possiedano molte delle nostre caratteristiche ed in grado elevato piuttosto che il contrario. Forse era un compromesso necessario così che pionieri, conquistatori e leader sarebbero avanzati ma con un costo personale nei termini di concessione di certe emozioni. Forse fin dall’inizio non ci hanno mai conferito queste emozioni? Attraverso la mia accresciuta consapevolezza con i buoni dottori mi sto formando un punto di vista

Rido? Sono divertito? Ho senso dell’umorismo? Sì, lo faccio e so di avere un eccellente senso dell’umorismo (eccetto quando non fai ciò che voglio o mi critichi). Mi è stato chiesto, cosa sento quando rido? Se sto ridendo insieme ad altri per qualcosa che ho detto, allora sento potere perché sono stato alimentato. Cosa sento se rido mentre sto guardando un comico a teatro o in televisione? Rido perché so che ci si aspetta questo da me in una tale situazione. Rido perché posso capire che ciò che è stato detto era arguto o spassoso, ma non sento alcun potere. Non sento nessuna sensazione edificante nel modo in cui tu me l’hai descritta. Spesso avverto un senso di inquietudine e la protesta della gelosia perché la gente sta ridendo per l’umorismo di qualcun altro e non il mio.

Cosa provo quando vedo uno degli atleti del mio paese che vince l’oro alle Olimpiadi? Sono orgoglioso di loro? So dire le giuste cose per offrire riconoscimento per i loro successi ma ripeto sento un senso di invidia per il fatto di non esserci io sul podio a ricevere gli onori della folla nello stadio. Posso vederti seduto vicino a me che applaudi e sorridi e sono geloso che tu stia applaudendo questa persona in televisione e non me. Posso avvertire la prima puntura nella ferita perché il tuo applauso per loro e non per me suggerisce che loro sono migliori di me e quindi mi stai criticando. Sento il bisogno di raccontarti dei miei successi sportivi così che tu mi elogi e quindi la critica venga acquietata prima che causi troppo danno e prima che la mia collera venga innescata. Viceversa posso permettere alla furia di accendersi e trovare qualche maniera di prendermela con te così reagisci e mi dai la tua attenzione attraverso l’essere ferito o arrabbiato. Ecco perché in così tante occasioni farai qualcosa con noi di piacevole e divertente e poi in un battito di ciglia un litigio sarà uscito dal nulla o emerge l’orgoglio o il vantarsi collegato a ciò che stiamo facendo. Non posso sentirmi felice per quell’atleta. Posso riconoscere il risultato e applicato ciò che ho imparato al fine di mostrare i corretti sentimenti se sono in una situazione dove non sarebbe appropriato scatenare qualche ira bollente, ad esempio incrinerebbe la mia facciata, ma cercherò disperatamente di portare la conversazione o l’attenzione su di me rimarcando di come vinsi l’oro ai campionati nazionali da adolescente o iniziando a parlare dei miei ultimi successi al lavoro.

Cosa provo quando vedo una pubblicità di beneficenza in televisione? Mi commuovono le immagini e la triste colonna sonora di accompagnamento? Sento pietà, solidarietà e compassione? No, non le sento. Non sento nulla. Se ti ascolto fare rumori solidali allora proprio come nell’esempio sopra voglio la tua attenzione su di me, non sull’orfano sullo schermo. Posso commentare riguardo il mio lavoro di beneficenza in modo che mi elogi. Posso passare a sottolineare sarcasticamente di come sia uno spreco di soldi perché molto poco del denaro che viene donato finisce realmente alle persone che ne hanno bisogno, la maggior parte dei soldi viene fagocitata dai costi amministrativi e pubblicitari per provocarti una reazione. Potrei proseguire e colpevolizzare i soggetti delle attività caritatevoli perché colpevoli della propria situazione difficile per provocare una tua reazione emotiva amplificata alle mie ciniche osservazioni.

Io sento. Provo molte emozioni e molte emozioni non le avverto per nulla. Sento anche un senso di vuoto che cerco di riempire attraverso la sensazione di potere. Ho bisogno di riempirmi di questo potere per rimuovere questo senso di vuoto. Questa vacuità mi fa sentire a disagio e inquieto. Mi sento come se stessi scomparendo e ottenendo carburante che mi faccia sentire potente sto affermando di nuovo la mia esistenza. Sono riconosciuto, venerato ed elogiato.

So cosa sento. So anche cosa non sento. Ho una consapevolezza e una comprensione crescente del perché mi sento così. Ho consapevolezza del perché devo agire nel modo in cui lo faccio nei confronti di queste emozioni. Sto valutando e capisco perché mi sento in una maniera differente rispetto a te. Comprendo il mio bisogno di potere e cosa fa per me. Capisco gli effetti di questo potere e le conseguenze del suo generarsi.

Io non sono un morto che cammina. Sto camminando verso qualcosa.

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR