UNA QUESTIONE DI PERCEZIONE

 

In una discussione con il Dr. E, lui una volta mi ha chiesto chi mi credo di essere. Non ho detto nulla. Ho imparato che è un passo sensato quello di rimanere tranquillo quando il Dr E pone domande per primo. Ha la tendenza a fare domande piuttosto aperte che possono essere interpretate in molti modi. Se rispondo immediatamente in un certo modo, suggerirà che ci può essere un punto di vista differente o un diverso modo di considerare ciò che ha chiesto e avanza questa differente proposizione. So perché lo fa. Sta provando a mostrare di essere più intelligente di me uscendo con qualcosa di differente rispetto a ciò che dichiaro. Vuole che io prenda per primo posizione in modo che questo gli permetta di provare a disfare ciò che ho detto e di conseguenza implicare che le sue considerazioni sono superiori alle mie. Conosco il tuo gioco, Dr E.

Per ovviare a questo non dico nulla. Il Dr E prima o poi (come la maggior parte delle persone) deve riempire il silenzio. Come sai non ho alcun problema a mantenere il silenzio per giorni, forse perfino per settimane. In questa occasione ha proseguito con

“Se posso elaborare, tu credi di avere una tua propria separata esistenza o credi di essere il prodotto di come gli altri ti percepiscono?”.

Bene. Ora sapevo quale delle due argomentazioni credeva essere pertinente alla discussione. Ha mostrato la sua mano.
Tutto ciò che devo fare è selezionare la risposta migliore e la mia superiorità rimarrà intatta.

“Siamo tutti il prodotto di come gli altri ci percepiscono”, ho risposto

“Perché dici così?”

Il palco era mio.

“Se anche tu potessi convincere te stesso che tu sei, resti comunque definito da ciò che gli altri considerano che tu sia, in realtà. Questo perché dobbiamo interagire con gli altri e come ti considerano e di conseguenza si comportano con te, produce ciò che tu sei. Ad esempio, posso vedere che tu stai ascoltando e prestandomi attenzione. Questo dimostra che tu consideri ciò che sto dicendo come interessante e utile da ascoltare. Questo a sua volta significa che sono una persona interessante e che di conseguenza ho qualcosa da dirti”.

“Capisco. Se ti dicessi che ti sto ascoltando solo perché sono pagato per farlo e non perché ti trovo interessante”, ha risposto il Dr E

“Il fatto che tu sei stato pagato semplicemente ci pone insieme nella stessa stanza. Tu mi stai ascoltando, quindi sono interessante per te”.

“Okay. Se ora mi alzo ed esco dalla stanza non ti starò più ascoltando. Questo non implica che non ti trovo interessante?”

“No”, ho replicato, “significherebbe che la conversazione è finita”.

“Molto bene. Se mi alzassi mentre tu stai dicendo qualcosa e uscissi dalla stanza?”

“In quel caso ti considererei maleducato e di conseguenza la mia percezione di te definirebbe ciò che sei”, ho risposto

“Ma riguardo te? Come ti definisce il mio comportamento di lasciare la stanza mentre stai parlando?”, ha insistito il Dr E

“Ti dimostrerei che ciò che sto dicendo è tale da renderti incapace di essere in disaccordo con me e che ho vinto il litigio o la discussione”.

“Capisco. E se non avessimo litigato?”

“Ho detto litigio o discussione o qualcosa del genere, non solo litigio”.

“Molto bene. E se stessimo discutendo di qualcosa di neutrale tipo il tempo?”, ha insistito il Dr E

“Non c’è nessuna discussione che sia neutrale. Ci sarà sempre il mio punto di vista e il tuo punto di vista”.

“E se fossimo d’accordo?”

“Allora tu saresti d’accordo con me ed avresti riconosciuto la forza di ciò che sto affermando come corretta e di conseguenza questo rinforza la mia intelligenza e superiorità”.

“E se fossi tu d’accordo con me?”, ha insinuato il Dr E ridendo

“Penso che scoprirai che sarai d’accordo con me”.

“E se non lo facessi?”, ha chiesto.

“Allora sei stato inopportuno e inutile ma alla fine stai rinforzando il fatto che sono nel giusto e quindi preciso, accurato e consapevole.”

Il Dr E ha fatto una pausa e ha iniziato a scrivere qualcosa nel suo quaderno. Ho aspettato che finisse di completare la sua nota.

“Quindi sei il prodotto di ciò che tutti pensano di te?”

“Sì, vedi, sapevo che saresti stato d’accordo con me”. Ho sorriso.

C’è stato un lievissimo flash di irritazione da parte del Dr E ma lo ha messo velocemente da parte.

“Sto facendo una sintesi della tua posizione, non sto dicendo che sono d’accordo”, ha detto.

“Se dici così”, ho sorriso ancora, “il punto è che siamo il prodotto di ciò che tutti gli altri pensano di noi. Io sono sempre ammirato, amato e rispettato da chi incontro e coinvolgo nella mia vita. Ammirano il mio successo, conoscono e rispettano i miei traguardi, si meravigliano della mia intelligenza e sono onorati dell’attenzione che concedo loro. Tutto questo fa di me chi sono perché devo interagire con tutte queste persone. Il modo in cui mi considerano mi definisce”.

“E quelli che ti considerano in termini decisamente meno complimentosi, quelli che riferiscono del tuo comportamento abusante nei loro confronti. Ho visto che alcuni di loro ti vedono così”.

“Tutti loro sono bugiardi e le bugie non definiscono ciò che siamo”, ho sbottato.

“Capisco. E se loro ti dicessero che tutta l’ammirazione e l’amore che ti danno o ti hanno dato è falso?”, ha insinuato il Dr E.

“Ora stai dicendo bugie Dr E, niente di tutto quello è falso”.

“Okay. E se l’ammirazione e il rispetto di queste persone fosse genuino, ma basato su un’idea sbagliata riguardo te?”

Devo dare al Dr E ciò che gli spetta. Adora segnare un punto.

“Allora custodiranno per sempre l’idea sbagliata che hanno riguardo me”.

Il Dr E ha fatto una pausa. Ha preso nota e poi ha detto

“Credi in questa affermazione?”

“È una verità assoluta”.

Il Dr E non ha detto altro ma ha scritto per un po’ fino a che il tempo della seduta è terminato. Ho lasciato la stanza sentendomi vivace e carico.

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR