UNA LETTERA AL NARCISISTA – N. 48

Mi dispiace per ciò che ho fatto.

Questa è la prima frase che ho scritto nel mio diario, risalente a luglio 2014, dopo che abbiamo deciso di “fare una pausa” per la milionesima volta. Vedi come continuo a incolpare me stessa? Questo, naturalmente, era prima che io conoscessi la verità su di te.

Non siamo mai usciti insieme, quindi questo ci rende un po’ diversi dalla maggior parte delle relazioni narcisistiche. Ti definivi un ‘amico’, ecco, mi avevi contattato perché amavi la mia creatività, e così hai voluto che condividessi le mie idee con te. Vedi, il concetto di “artista affamato” non si limita al semplice cibo, ma piuttosto anche all’attenzione. Tu la davi … Io la bramavo … e tu mi hai saziato.

All’inizio, non ne avevi mai abbastanza di me – le nostre e-mail, a volte anche una dozzina al giorno – e LUNGHE, bada bene – per non parlare delle nostre conversazioni su Skype da sei a otto ore. Volevi sapere tutto di me. Ero spiritosa, meravigliosa e non potevo sbagliare.

Poi, dopo un po’ di tempo, hai dichiarato di sentirti “non emotivo”. Parole tue. Ho smesso di avere tue notizie. Sono venuta a sapere che avevi mentito sul tuo vero nome nei primi due anni che ti conoscevo. Questo era strano, ma credevo sempre il meglio di te.

Eravamo uniti dall’amore per la letteratura. Tu ammiravi il mio lavoro e volevi leggere tutto ciò che avevo scritto. Eppure, non sapevo che mi stavi studiando, riflettendo attentamente sulle mie parole e rispecchiando tutto ciò che credevo fosse vero.

Poi hai smesso di leggere del tutto. Passarono quattro anni e tu ti rifiutavi ancora di impegnarti, dichiarando di essere “troppo depresso”. Mi accusasti di ‘non comprendere’ il tuo dilemma, che rifiutavi di rivelare o spiegare. Quando chiesi perché, tu affermasti che ero “inaffidabile”. Eppure eri tu quello che stava mentendo.

Carissimo pezzo di m****, si può capire solo fino a un certo punto. Quattro anni e non riesci nemmeno a leggere uno dei miei manoscritti, nonostante ti implorassi? Sai quanto apprezzo la tua opinione. Ti prego, fallo per me. Sei stata la persona che per prima ha affermato di amare il mio lavoro. Ma ti rifiutavi sempre. Ti impegni solo in ciò che è conveniente per te.

Immagina Mozart, dopo che ha completato una delle sue tante grandi opere, e che le condivide con te. Immagino che considereresti Don Giovanni come un risultato simile a vincere una partita a dama. Questo è il tuo modo di minimizzare i risultati. Non puoi sopportare che l’attenzione non sia su di te.

Ti ho detto che provavo sentimenti romantici per te (quando ripensandoci era in realtà la tua approvazione che bramavo, ma non importa) eppure per sette anni hai omesso di informarmi che eri omosessuale, con le tue foto di Twitter piene di cazzi e palle e culi pelosi di uomo. E ciò che ho dovuto scoprire indirettamente, tramite il tuo Twitter, dopo sette anni di presunta ‘amicizia’, mi ha lasciata distrutta. Mi sentivo impotente e vuota.

Poi, dopo averti chiesto perché non mi avevi mai detto semplicemente che eri gay quando non avevi problemi a dirlo al mondo, nonostante sapessi da così tanto tempo ciò che provavo, la tua risposta fu: ‘Non te lo dirò per tua convenienza’.

Quindi … l’onestà è una convenienza, secondo te. La nostra amicizia non è mai stata reale, poiché non si può costruire un’amicizia su menzogne e inganni. Ricordi che una volta dovevo definire le parole amicizia e fiducia per te? Patetico.

Alla fine, sapevi che non mi sarei più strutta per te, se avessi saputo la verità. Sempre così misterioso! La mia chiarezza non ha mai avuto importanza per te. Immatura. Delirante. Quelle sono alcune delle parole più carine che mi hai rivolto. Ma non era mai un problema con te. Tu dichiaravi di essere “un premio da vincere”.

Sei un impostore totale. Quelli con una forza intellettuale, che dichiarano di occuparsi di arte e letteratura, non passano ore a twittare sugli ultimi pettegolezzi di Hollywood. Per non parlare del fatto che ho visto quelle foto di te che leggevi tutte quelle biografie delle celebrità spazzatura. Ma pensavo che fossi ‘troppo depresso’ per leggere?

Non sapevo cosa fosse un narcisista finché non ti ho conosciuto. Pensavo che fosse solo un Kardashian che posava con le labbra a papera ed era un po’ più egocentrico di molti altri. (Tu saprai cos’è un Kardashian, dato che ne twitti abbastanza). Non mi rendevo conto del modo in cui i narcisisti, con la loro incapacità di entrare in empatia, potevano colonizzare. È giusto, colonizzare … e tu mi hai colonizzato completamente. La mia colpa è che io ho lasciato che accadesse. L’ho fatto accadere. Quindi, alla fine, devo tornare alle mie parole precedenti, quelle che ho usato per iniziare questa lettera, quelle che ho scritto nel mio diario di luglio 2014.

Mi dispiace per ciò che ho fatto.

Non mi dispiace per te, attenzione. Ma mi dispiace per me. Quelle parole sono per me. Mi dispiace di aver lasciato che mi conquistassi così completamente. Mi dispiace di aver lasciato che perdessi me stessa in te. Da allora ho imparato che io sono tutto senza di te e non sono nulla con te.

Io preferisco essere tutto. Tu non sei niente. Beh … forse uno stronzo. Mangia merda, pustola manipolatrice, bugiarda e patetica di uomo.

Haha. Io vinco. Ma il premio è fottutamente sicuro che non sei tu.

baci baci

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR