VELENO DI SAN VALENTINO – PARTE UNO

Ci sono molti vantaggi nell’essere un Narcisista Ultra. Uno di questi vantaggi è la capacità di controllare la propria furia accesa. Il controllo totale di quella furia innescata si è dimostrato, finora, inarrivabile, ma non esercitiamo un controllo significativo su di essa. Di conseguenza, mentre il Narcisista Inferiore esploderà con furia accesa quando viene ferito – dice alla sua compagna che è una puttana brutta e pigra perché non gli ha portato la cena quando la desiderava – il Superiore spesso la tiene sotto controllo. Restiamo feriti, ma otteniamo il carburante necessario per affrontare la ferita in modo alternativo e mantenere sotto controllo quella furia accesa e feroce.

Per un momento successivo.

Coloro che ci feriscono e non ricevono una presentazione immediata della furia accesa non sfuggiranno per sempre. Sì, potrebbe essere stato risparmiato il tiro al bersaglio verbale al vetriolo o evitato lo sguardo gelido e l’accompagnare il trattamento del silenzio a qualsiasi manipolazione che cerchiamo di applicare, ma li puniremo. Un appunto mentale è stato preso e verrà richiesto un equo risarcimento. Sempre.

San Valentino offre una serie di opportunità di porre rimedio a questo bisogno di punire.

Oggi non è stata un’eccezione.

Qualche settimana fa, una signora, Gillian, che è a capo di un particolare reparto all’interno dell’azienda, ha ritenuto opportuno votare contro una proposta. La mia proposta. È stata messa in minoranza e la mia proposta è stata presa in carico. Gli altri elettori evidentemente sono persone di mente sana e lunghe vedute. Ma non lei. La sua opposizione non aveva alcun rigore intellettuale, era priva di accortezza finanziaria e non c’erano valide opportunità di business. No, è stato evidente per me che la sua opposizione era fondata sul voler rendere la mia vita difficile, voltarmi le spalle e cercare di far deragliare le mie proposte.

Questa è stata la terza trasgressione da parte sua. Avevo mantenuto il controllo sulla mia furia accesa nelle due precedenti occasioni e l’ho fatto anche in questa terza occasione. Devo ammettere, tuttavia, che ciò ha richiesto un notevole autocontrollo mentre la osservavo sollevare la mano in segno di obiezione e aveva anche il coraggio di guardare nella mia direzione mentre lo faceva. Assoluta impertinenza. Incontrai il suo sguardo con vuoto spietato, anche se immaginavo il suo appartamento ben arredato travolto dalle fiamme mentre lei gridava aiuto nel mezzo dell’inferno. Sogghignai alla sua resistenza ma dentro sentivo la presenza dell’enorme abisso e la sensazione di cadervi dentro. Questo è l’effetto di essere ferito. Ero seduto nella sala del consiglio e il suo non essere d’accordo, il suo rifiuto deliberato a sostenere la mia proposta, la sua sfida e intransigenza mi stava dicendo che il mio piano non era abbastanza buono.

Non abbastanza buono.

Quelle tre parole che erano state quasi uno slogan durante la mia infanzia. Non abbastanza buono.

Lei era proprio come tutti gli altri. Inaffidabile, traditrice, una doppiogiochista e non c’era da fidarsi. Non da fidarci una terza volta come aveva dimostrato ora.

Tre parole. Non abbastanza buono. Proprio come lei mi ha sempre detto. Era proprio come lei, sta cercando di rovinare il mio mondo, sapendo di governarmi, sta cercando di controllarmi. Io non devo essere controllato. Io sono quello che controlla.

Mentre questi pensieri precipitavano verso il vuoto in attesa, la furia fece sentire la sua presenza. Furia affidabile. Sempre lì, pronta a respingere i trasgressori malvagi. Sentii la sua prima ondata mentre la furia si scatenava, riportandomi la sensazione di caduta causata dal pensiero di quelle tre parole.

Invece, altre tre parole hanno sostituito quelle. Victoria aut morte: vittoria o morte. Un’altra parte dell’eredità della famiglia Tudor, ma che avrei accolto prontamente. Deve essere la vittoria, sempre la vittoria. La furia continuò a salire, cacciando ogni suggerimento di debolezza – non bisogna mai essere deboli (“Niente lacrime HG, niente lacrime” come lei ha sempre ammonito). Non ci sono mai lacrime, beh, non mie almeno.

La presenza della furia mi spinse a mettere al suo posto questa impudente sottoposta. Continuai a fissarla e mentre lei abbassava la mano continuava a sfidarmi, gli occhi ancora fissi sui miei.

Volevo annientarla seduta stante e poi, stroncare verbalmente la sua posizione e umiliarla, lasciarla tremante di rabbia o ancora meglio ridotta in lacrime di impotenza nella sala del consiglio e poi bere quel delizioso carburante per affrontare la ferita che mi aveva provocato. Questo poi avrebbe attenuato la mia furia. Volevo distruggere la sua debole analisi, aggirare le carenze del suo dipartimento e renderla responsabile, volevo dimostrare agli altri capi che non era adatta allo scopo e atterrarla colpo dopo colpo dopo colpo.

Ma non era il momento. Uno sfogo selvaggio (anche se giusto) non sarebbe visto di buon occhio. Ciò ridurrebbe la forza della proposta. Potrebbe ritorcersi contro di me. Potrebbe danneggiare i potenziali clienti. Sentivo le parole formarsi nella mia bocca, pronte ad essere sputate velenose verso di lei, ma tenni la bocca chiusa. Combattere per contenere la furia, ma mentre bruciava e divampava, faceva precipitare il mio livello di carburante. Il suo ferirmi e questo controllo della mia furia, senza carburante in arrivo, avrebbero causato il crollo dei miei livelli di carburante, ciò avrebbe permesso al vuoto di comparire ancora una volta e questa volta anche di più e con ciò il rischio che rendesse nota la sua presenza.

Ero a conoscenza del fatto che le mani venivano sollevate a favore della mia proposta e quegli atti di sostegno, di approvazione e convalida fornivano carburante. Diverse linee di carburante mi sono arrivate dalle fonti secondarie non intime che hanno approvato il mio schema.

“La proposta di HG è approvata e verrà messa in atto con effetto immediato, HG ben fatto, ottimo lavoro”, annunciò il presidente dell’assemblea. Più carburante.

“Sì, ben fatto”, commentò qualcun altro. Più carburante.

Una mano mi diede una pacca sulla spalla in segno di affermazione. Più carburante.

La ferita si stava chiudendo. Mantenni il mio sguardo e poi lei guardò in basso ed eccolo lì. Vidi la delusione nei suoi occhi marroni. Vidi la bocca rivolta verso il basso e la fronte aggrottata. Stava cercando di nascondere il suo sgomento ma senza riuscirci. La sua reazione istintiva alla sconfitta era evidente da vedere. Il suo corpo leggermente accasciato in risposta, la sua arrogante rigidità indebolita e tutto questo mi procurò più carburante.

Sentii l’effetto della sua ferita svanire, il carburante positivo che si manifestava dalla mia proposta di successo e il suo carburante negativo dalla sconfitta che curava la ferita, e quindi la furia si placò. Avevo mantenuto il controllo. Non ero caduto nel vuoto. Avevo trionfato sulla sua ribellione. Non avevo eruttato e danneggiato una serie di altre considerazioni.

Avevo prevalso.

Ma questa era la terzo volta che mi feriva nelle ultime settimane.

Tre ferite.

Tre parole.

Doveva essere punita e quel giorno era oggi.

(continua)

Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR