Io non sopporto di essere criticato. Non ricordo molto della mia infanzia ma ricordo che ho tentato in tutti i modi di rendere i miei genitori, in particolare mia madre, orgogliosi di me.
È stato difficile. Lei ha fissato alti standard che naturalmente erano per il mio bene e per assicurarsi che fossi il migliore perché come mi ha detto, io ero il migliore. Se fallivo partivano le critiche sarcastiche che mi distruggevano. Sentivo come se le mie viscere venissero strappate e sventolate di fronte alla mia faccia e avevo bisogno di spegnere velocemente quella sensazione
La sensazione di essere devastato interiormente quando vengo criticato non mi ha mai lasciato. Nella discussione con la Dottoressa O. ho imparato che questo proviene da due cose. La prima è che questa sensazione di massima vulnerabilità e meschinità continua ad esserci e non la sopporto.
Penso che sia peculiare in me perché Dio mi ha fatto geniale ma desidera ricordarmi che sono un mortale e perciò mi causa un orrendo dolore quando vengo attaccato. Mi maledice e mi lascia sconvolto nell’agonia.
Il secondo fatto è che non dovrei essere criticato e specialmente non da chi è inferiore a me. Non riesco a capire come persone inferiori a me possano prendere la posizione di criticarmi. Questo è completamente logico e legittimo. D’altra parte questo secondo elemento mi accende qualcosa che ho imparato che può superare la sofferenza che sento dentro di me e questo è importante.
Il senso di ingiustizia e di indignazione che nasce da questa indebita e inutile critica, accende una furia immensa. Esplode dentro di me con velocità ineguagliabile e poi esplode con tale violenza che la sofferenza iniziale che sento è spazzata via in pochi istanti.
Io ho bisogno di questa rabbia. Ho bisogno di estinguere l’orrore della devastazione. Ha bisogno di bruciare con una così magnificente furia che mi fa sentire di nuovo forte.
Questa rabbia comunque non può rimanere dentro di me, deve essere riversata e avere un obiettivo.
Tu mi hai criticato, tu hai creato la devastazione e perciò devi sentire la mia immensa rabbia in modo che la devastazione sia cancellata. In quel momento anche tu sarai cancellata dalla mia rabbia, dal mio rancore, dalla mia furia. Ma questo è un danno collaterale del mio bisogno di rimuovere il senso di vuoto interiore. Tu hai causato il mio dolore e quindi devi sentire la cura. Lo vedo che ti dà dispiacere, le urla, il veleno, le accuse, il vetriolo che lancio nella tua direzione. Qualche volta la cura si sprigiona dai miei pugni. Non posso farci niente, devo lasciare che la rabbia bruci per rimuovere il vuoto. Tu comunque puoi evitarlo; non criticarmi.
Traduzione di PAOLA DE CARLI dal testo originale di H.G. TUDOR